31 dicembre 2010

Perle ai porci

E' la sera di Capodanno, e sono tra i miei familiari. Scherziamo tra di noi, mentre la televisione in sottofondo dà il solito programma canterino di fine d'anno: ragazzini musicali ed orchestra, ospiti famosi, gruppi del bel tempo che fu, la presentatrice ex tettona, le miss. Insomma, le solite merdate. Preferiamo parlare ad alta voce tra di noi, fare un pò di casino, commentare, e poi fare un pò di taglia e cuci sugli altri, parlare di qualche ricordo, un episodio che fa\ ridere qualche speranza.
Mentre la sera scorre liscia, compare Loredana Bertè, vestita come una barbona. E smettiamo di parlare tra di noi. Lei tiene l'orchestra letteralmente per le palle, esce dalla canzone, fa pause mentre la musica continua ad andare e tu trattieni il respiro perchè a quel punto ti saresti atteso qualche altra sillaba, e quando lo dice lei rientra e ricomincia a cantare e sceglie perfettamente il tempo e tu stesso ti senti tenuto per le palle perchè riprendi a respirare normalmente solo quando lo dice lei...
Poi termina il suo empo, ed esce. Ricominciano le merdate. E pensi: "Perle ai porci".

20 dicembre 2010

En attendant Gasparri

Che poi si scopre che l'unico ragazzo che si è fatto male durante le manifestazioni studentesche del 14 dicembre, mentre Roma bruciava, è stato colpito da un fascistello, che evidentemente con le manifestazioni studentesche non c'entrava niente. Adesso il fascistello fa anche il pentitello. Spero che paghi pienamente e clamorosamente.
Tutto ciò, mentre Gasparri va affermando che alle manifestazioni i ragazzi non vanno mandati perchè ci sono potenziali assassini dei centri sociali. Gasparri, dato che è un politico, e non una persona normale, con un'etica nella media, rimesta nella merda, e non si accorge che i potenziali assassini non sono dei  centri soclili, ma ce li ha tutti in casa lui.

19 dicembre 2010

A cena

Re: - Ebbene, Amleto, dov'è Polonio?
Amleto: - A cena.
Re: - A cena? Dove?
Amleto: - Non dove egli mangia, ma dove è mangiato.

Shakespeare, Amleto, VI, 2

17 dicembre 2010

Sacchette della munnezza rosse!

Barista: - ...che poi il presidente De Laurentis ha detto che anche per via dei problemi della città, cu'tutta sta munnezza, i giocatori si stanno impegnando di più, per darci un pò di serenità, una gioia...
Luca: - eh...
B.: - e perciò, dico io, pigliammo tutt'a munnezza e purtammola arò s'allenano, facimmo na'bella muntagna 'e munnezza... va a fernì 'ca vincimmo 'o scudetto!
L.: - Hahahaha
B.: - ...poi io dicesse alla Iervolino... sient', Iervolì, ma mo'ca è Natale... faje e'ssacchette 'da munnezza rosse, invece che nere, accussì nun ce pare che è munnezza e putimmo resistere fino a che nun vincimmo 'o scudetto...
L.: - ...Sempre per l'impegno dei giocatori del Calcio Napoli....
B: - Eh! :-)
L.: - HAHAHAHAHAHA

Sono gasato!

Come molti di voi già sapranno, per avere ascoltato dalla mia stessa voce lunghissime lamentazioni circa l'affidabilità dei rilevatori di metano, nell'ultima settimana ho avuto problemi con una perdita che proveniva dalle montanti del gas che corrono sul pianerottolo, immediatamente all'esterno del mio appartamento. Sentivamo puzza di gas, ma solo di tanto in tanto, e solo se c'erano determinate condizioni atmosferiche (molto vento). Le squadre della Napoletanagas, più volte avvertite, non hanno rilevato nulla con i loro strumenti elettronici, sia all'interno dei miei ambienti, sia all'esterno dell'appartamento, e così pure la squadra dei Vigili del Fuoco chiamata apposta. Insomma, stavamo per passare per visionari. Fino a che, evidentemente di umore migliore del solito, e più collaborativo, o forse perchè annoiati e senza niente di meglio da fare, l'ultima squadra che è venuta, pur non rilevando niente con la solita sonda (che misura le parti per milione! cioè anche il nulla!), ha deciso di credere al mio naso, e ha cominciato a demolire un muro all'esterno dell'appartamento, alla caccia delle montanti. Finalmente, il tubo di piombo è stato trovato, e un esame di una saldatura vecchia di 50 anni con l'acqua saponata ha mostrato che avevo ragione: c'era una perdita, e il gas aveva impregnato la parete di tufo, e ciò giustificava il sentore nella mia camera da letto. Per inciso, è stato esilarante scoprire che stavamo per saltare tutti in aria.
La scena davvero comica, tuttavia, si è verificata mentre gli operai procedevano alla demolizione del muro per andare alla scoperta della montante. A un certo punto, attirata dai rumori e dalla polvere, dal piano di sopra è scesa una donna bruttissima, scarmigliata, in tuta da casa, bassa e zizzuta, la quale si è presentata come condomina, e ha chiesto che stavamo facendo, evidentemente scottata da brutte esperienze con precedenti lavori nello stabile.
Luca: - Signora, c'è una perdita di gas su questo pianerottolo, e gli operai sono a lavoro per ripararla...
Signora Cessa: - Eh! Ma è venuta ieri la ditta a lavare a terra! Poi pulite voi?
L.: - Eh, signora... eventualmente puliamo noi
S.C.: - Ccà nisciuno penza alla pulizia... ccà ind'a stu palazzo penzano solo a pittà 'nfaccia o'muro o a sfravecà(1)...
L. - Signora, le ho detto che puliamo noi. Però questo mi sembra l'ultimo dei problemi, visto che se non si faceva questo servizio, qua saltavamo tutti in aria...
S.C.: - Nun me ne fotte ca'zumpamm'in aria... 'basta cche dopo pulizzate!!!


Note
(1) sfravecare: demolire

14 dicembre 2010

Roma brucia!


(il furore intestino e la feroce lotta civile strazieranno ogni parte d'Italia; il sangue e la rovina saranno così comuni e gli spaventosi spettacoli così familiari che le madri non sapran che sorridere nel mirare i loro bimbi squartati dagli artigli della guerra; ogni pietà sarà soffocata dall'abito delle truci gesta; e lo spirito di Cesare, vagante in cerca di vendetta, con al suo fianco Ate uscita infocata dall'inferno, entro questi confini con voce di monarca griderà "Sterminio", e scioglierà i mastini della guerra, così che questa infame impresa ammorberà la terra col puzzo delle carogne umane gementi per la sepoltura)

W. Shakespeare, Cesare. Atto terzo, scena prima.

10 dicembre 2010

Davvero l'università spreca i soldi?

Di recente, il dibattito politico relativo alla riforma dell'Università è sembrato concentrarsi attorno agli sprechi che si perpetrano nell'Università italiana. Tali sprechi (e gli altri problemi, quali il nepotismo, la scarsa produttività, la mancanza di eccellenze, l'autoreferenzialità e l'impermeabilità dell'ambiente universitario) avrebbero suscitato la risposta quasi etica da parte del governo, che ha varato, circondata dal consenso popolare, una riforma che si configura come punitiva ai danni di questa sentina di vizi. Agli studenti che protestavano, perchè la riforma, insieme con la manovra economica, si accompagna a pesantissimi tagli al diritto allo studio (dimezzato quasi ovunque il numero delle borse di dottorato, trasformazione delle borse di merito, erogate a fondo perduto, in prestiti di onore da restituire negli anni successivi alla laurea, ridotti gli altri stanziamenti relativi a mense e quant'altro), la Gelmini ha risposto seraficamente che gli studenti che scendevano in piazza non facevano altro che aiutare "i baroni universitari".

Dato che voi lettori probabilmente non lavorate nell'Università, e degli sprechi dell'Università ne avete la stessa rappresentazione giornalistica che ne ha la Gelmini (che l'università le conosce solo perchè ci si è laureata, e non troppo bene), ho voluto raccogliere qualche dato per cercare di capire se davvero la ricerca italiana fa così cagare, come sicuramente credete. Alla fine conteremo i gol a mio favore, che voglio difendere l'Università italiana, e quelli a favore del terzetto Gelmini-Tremonti-Brunetta, che la vogliono affossare (a tutto vantaggio di postacci quali il CEPU).
Cominciamo. La prima tabella che vi mostro (la trovate qui, al sito ufficiale di Eurostat), è quella relativa alla spesa in ricerca scientifica, rapportata al PIL, per l'anno 2006, e che contempla la somma di investimenti pubblici e privati.

L'Unione Europea considera molto virtuosa una spesa pari almeno al 3% del PIL (linea orizzontale rossa), e la tabella riporta come molto virtuosi solo tre paesi al mondo: Giappone, Finlandia e Svezia. Seguono gli altri paesi del primo mondo. Tra i quali noi non ci siamo, dato che siamo superati anche da Estonia, Spagna, Lussemburgo, Slovenia, Repubblica Ceca. Dunque, per la ricerca e lo sviluppo, in Italia, e già prima della cura Gelmini-Tremonti-Brunetta, si spende meno che altrove. Evidentemente il governo italiano e le compagnie private italiane trovano più appropriato spendere in altro modo i soldi: in ogni caso, non mi pare si possa dire che la ricerca in Italia rubi i soldi ad altri tipi di impieghi. Detto diversamente, se in Italia c'è gente che pensa che i soldi spesi in ricerca e sviluppo siano soldi buttati nel cesso, non c'è però alcun appiglio per dire che in Italia se ne sprechino percentualmente più che altrove.
Dunque, 1 a 0 per me. Continuiamo, ma prima scarichiamo qui l'annuario statistico di Eurostat relativo a ricerca e sviluppo nell'Unione Europea nel 2010. La lettura della tabella della figura sopra potrebbe far pensare che in Italia si fanno soprattutto scarpe e pizze, per cui le aziende necessitano di moderati investimenti in ricerca e sviluppo: questo spiegherebbe perché la  percentuale totale di investimenti in ricerca e sviluppo rispetto al PIL è bassa in Italia. Seguendo questo argomento, Gelmini-Tremonti-Brunetta potrebbero dunque dire che è inutile che lo Stato investa di più, in Italia, in termini di reicerca e sviluppo, perchè già investe tanto, e non può certo supplire alla mancanza di iniziativa dei privati italiani. Beh, avete appena scaricato l'annuario, e ve avete consultato la Figura 1.2, scoprendo che nel 2008 in Italia lo Stato ha investito lo 0.63% del PIL in ricerca e sviluppo. Tanto? Troppo? Senz'altro troppo per Gelmini-Tremonti-Brunetta: la media dell'Unione Europea a 27 paesi fa lo 0.72%. La Spagna investe 1.07%, il Portogallo 1.02%. Negli ultraliberali Stati Uniti lo Stato spende lo 0.99% (altro che le Università private!). Fanno meglio di noi tutti i nostri diretti concorrenti (Germania, Francia, Regno Unito, Spagna), ma anche concorrenti meno diretti (Corea del Sud, Giappone, USA, Norvegia eccetera eccetera).
Comunque la giriate, continuiamo a fare schifino: 2 a 0 per me. Un argomento della Gelmini e di Tremonti è che in Italia le risotrse devono essere dirottate dalle Università di merda verso le vere eccellenze. Eccellenze, ovviamente, settentrionali. La Figura 2.9 del citato annuario statistico riporta le prime 30 regioni dell'Unione Europea, per spesa percentuale in ricerca e sviluppo. Delle prime 7, 3 sono svedesi, 3 tedesche, e una finlandese. Segue l'ottava, francese. Eccetera. Nessuna italiana tra le prime 30. Evidentemente, la struttura di ricerca e sviluppo in Italia è diffusa, a bassa intensità. Al punto da mettere in discussione l'argomento per il quale si dovrebbero fare crepare i meno meritevoli (in specie meridionali) a favore di altre realtà a più alta intensità di ricerca e sviluppo: individuatemi prima chi sarebbero questi primi della classe, in Italia!
3 a 0 per me. Andiamo avanti. E' noto l'argomento per il quale in Italia troppa gente campa sulle spalle degli altri, specie nel settore della ricerca. Se sono così tanti, è ovvio che non fanno un cazzo. Vediamo. In Italia sono impiegati, tra pubblico e privato, l'1.33 % dei lavoratori nei settori di ricerca e sviluppo, sia pubblici che privati (Figura 3.1). La media europea fa 1.54%, con punte allucinanti del 3.68% come in Islanda. Se si contano solo i ricercatori del settore privato, in Italia fanno lo 0.46% dei lavoratori totali (Figura 3.2), mentre la media europea è 0.64%, con punte del 2.15 % (Lussemburgo). Diciamo che in Italia, lo 0.87% delle persone campa di ricerca e sviluppo nel settore pubblico, e quindi per definizione sono parassiti sulle spalle degli italiani onesti: la media europea è dello 0.9%, cioè più parassiti!
4 a 0 per me. Vabbè, si spende poco in Italia, in ricerca e sviluppo. Ma con ragione, tanto i ricercatori e i professori italiani non fanno un cazzo. Tanto non li legge nessuno. Leggiamo qui, da un articolo di Nature, l'impatto che ha la pubblicazione degli articoli scientifici pubblicati, per Nazione. Gli italiani si classificano settimi al mondo, in termini di numero di numero di pubblicazioni totali, tra il 1997 e il 2001. Ugualmente si classificano settimi, per il numero di citazioni che ricevono i loro articoli. Dunque, ottengono piazzamenti molto migliori di quello che ci si sarebbe potuti aspettare se si fossero considerati solo i denari investiti.
Fanno già 5 a 0 per me. Volete arraparvi ancora di più? Il numero di pubblicazioni dei ricercatori, e il loro costo, rappresenta l'unica vera misura di efficienza di un sistema di ricerca. Allora consultate il sito dell'Organizzazione per la Cooperazione e lo sviluppo economico. Nel 2007, gli Stati Uniti hanno speso 376.9 miliardi di dollari in ricerca e sviluppo, e l'Italia 19.6. Gli Stati Uniti, nello stesso anno, sono riusciti a piazzare 323026 pubblicazioni scientifiche, mentre l'Italia ne ha piazzate 53983. Beh, se fate il calcolo, trovate che per fare una pubblicazione, negli Stati Uniti occorre 1.17 milioni di dollari di investimento, mentre in Italia bastano 363 mila euro: i ricercatori italiani ottengono tre volte di più, a parità di costo!
6 a 0 per me. Si, vabbè, direte: magari il ricercatore quello che di buono fa, lo fa spendendo poco. Ma abbiamo comunque deciso che il ricercatore italiano medio non fa un cazzo, perchè siamo prevenuti e si sa che la ricerca è piena di parassiti di sinistra. Beh, nel 2007 in Italia i ricercatori hanno prodotto sulle riviste internazionali una media di 0.66 pubblicazioni a testa. Poco? Al mondo solo gli svizzeri hanno pubblicato di più, con 0.88 pubblicazioni a testa. Gli Usa sono distanti, con 0.24 pubblicazioni a testa (un terzo delle pubblicazioni del ricercatore italiano medio....): in termini di pubblicazioni, un ricercatore italiano ha un'efficienza economica pari a 9 volte quella di un ricercatore statunitense.
7 a 0 per me: cappotto!

In conclusione. Fermatevi, per carità di Dio, fermatevi. Non vi rendete conto di quello che state facendo a noi, e quello che fate al futuro del nostro paese, con le vostre riforme del cazzo. Fermatevi, finchè siete in tempo. fermatevi, prima di trasformarci in un paese del terzo mondo. Sì, siamo universitari, siamo spocchiosi, siamo odiosi, superbi, orgogliosi. Non siamo simpatici. Ma lavoriamo sodo, e non vi abbiamo fatto niente: tranne ricordarvi ogni giorno quanto siate delle merde, fin dai tempi delle vostre prime bocciature. Ma non potete affossare un paese intero solo perchè vi disistimiamo, ricambiati.
Fermatevi, finchè siete in tempo.

09 dicembre 2010

La città degli omicidi

Per questioni che non vi possono riguardare, io una volta alla settimana sono costretto a vedere la puntata di "Don Matteo", la serie televisiva ambientata a Gubbio, dove un parroco interpretato da Terence Hill indaga sugli omicidi che avvengono nella città.
Capite? Un omicidio alla settimana! Mi sono convinto che Gubbio deve essere un posto di merda.

07 dicembre 2010

Qualche tempo fa, dal tabaccaio

Qualche tempo fa, ero in fila dal tabaccaio. Un signore, davanti a me, chiedeva le sigarette, e gli consegnavano un pacchetto con una delle solite scritte terroristiche: "Il fumo provoca impotenza". Leggeva ad alta voce, le restituiva e subito chiedeva: "Dateme chelle ca fanno venì o'cancro".

06 dicembre 2010

Che Allah protegga i bergamaschi dai bergamaschi

Come sapete, ormai sono diversi giorni che è scomparsa in provincia di Bergamo la tredicenne Yara Gambirasio. Scomparsa nel nulla, appunto. Sabato, un marocchino, tale Mohammed Fikri, era stato arrestato con l'accusa del rapimento, sulla base di una intercettazione che era stata tradotta "Che Allah mi perdoni, non l'ho uccisa io". L'evento è stato la molla che ha fatto scattare le sloite pagliacciate leghiste e razzistoidi, con frasi violentissime profferite da gente che si cagherebbe addosso se solo gli facessi "buh". Così, queste persone non hanno alcuna vergogna a erigere cartelli con scritto "Occhio per occhio, dente per dente", oppure "Marocchini fuori da Bergamo".
Intanto, il marocchino è stato scarcerato. La traduzione della sua frase era stata fatta male, e per altri supposti indizi di colpevolezza ha dato ampie e soddisfacenti spiegazioni. E così, io mi chiedo, cosa succede liggiù al nord, dove anno dopo anno contionua a montare un odio sordo, e chi salverà i bergamaschi dagli altri bergamaschi...

05 dicembre 2010

Proverbio napoletano bellissimo

Abbesogna fa'o pireto pe'quanto è gruoss'o culo.

Non bisogna fare il passo più lungo della gamba.

A proposito di ricerca: il libro che ho appena letto



"Come potremmo arrestare il progresso scientifico e industriale? Chiudendo o controllando i laboratori di ricerca, sopprimendo o controllando le riviste scientifiche e altri mezzi di discussione, sopprimendo i congressi e le conferenze scientifiche, sopprimendo le università e le altre scuole, sopprimendo i libri, i mezzi di stampa, lo scrivere e infine il parlare. Tutte queste cose che dovrebbero essere soppresse (o controllate) sono istituzioni sociali. La lingua è un'istituzione sociale senza la quale il progresso scientifico non è concepibile, perchè senza di essa non può esservi nè scienza nè una tradizione viva e progressiva. Lo scrivere è un'istituzione sociale, e così pure lo sono le organizzazioni tipografiche ed editoriali e tutti gli altri strumenti istituzionali del metodo scientifico. Lo stesso metodo scientifico ha degli aspetti sociali. La scienza, e in particolar modo il progresso scientifico, non sono il risultato di sforzi isolati, ma della libera concorrenza del pensiero. Poichè la scienza ha bisogno di una concorrenza sempre maggiore, le ipotesi, e di esperimenti sempre più rigorosi; e le ipotesi concorrenti hanno bisogno di avvocati, hanno bisogno di una giuria, e perfino di un pubblico. La rappresentazione personale, per funzionare, deve essere organizzata istituzionalmente. E queste istituzioni devono essere finanziate e protette dalla legge. In ultima analisi il progresso dipende in larghissima misura dafattori politici; da istituzioni politiche che garantiscano la libertà di pensiero: dipende dalla democrazia."

Karl R. Popper, Miseria dello storicismo, Feltrinelli

p.s.: Ovviamente, mi sono venuti i brividi osservando la situazione nella quale versiamo. Sono indimenticabili frasi come "Non leggete i giornali". E non posso chiudere gli occhi, per non vedere il tentativo di controllo dei media, e quindi delle menti, nella enorme concentrazione editoriale, in specie televisiva, che si è prodotta in Italia, nelle mani di un solo uomo. Nè riesco a vedere come logicamente slegato da ciò il tentativo di un maggiore controllo delle università e dei centri di ricerca da parte dello Stato centrale: nessuno se di voi lo ricorda, ma è bene che io vi rinfreschi la memoria sul successo del governo nel guidare l'assalto nelle nomine delle istituzioni scientifiche quali il CNR (e sugli strascichi polemici conseguiti: leggete qui). Del resto, conoscete bene le leggi arcaiche che solo in Italia rendono difficoltoso se non impossibile l'accesso a Internet dagli hotspot di locali pubblici. E sono sotto gli occhi di tutti i tagli alla cultura e alla ricerca pubblica, mentre viene finanziata la libera università del CEPU.

04 dicembre 2010

Non è il '68


Nei giorni scorsi un'ondata di manifestazioni studentesche ha percorso l'Italia. Di proteste così non se ne vedevano da tempo: lanci di uova contro l'ingresso della Camera dei Deputati, tentativi di rovesciare camionette della polizia nel pieno centro di Roma, occupazioni di facoltà e rettorati, occupazione di monumenti, occupazioni di stazioni e blocchi di importanti collegamenti stradali, financo occupazioni simboliche di luoghi-simbolo all'estero, quale la Tour Eiffel a Parigi, e infine veglie sui tetti.  Erano giovani medi e universitari, spesso in compagnia di ricercatori e docenti, che protestavano contro la riforma universitaria, così come è stata licenziata dalla Camera.
Di quanto faccia schifo questa riforma, di quanto sia semplicemente punitiva per il mondo dell'università, che è un pianeta materialmente e intellettualmente alieno dal presente governo, è cosa di cui discuterò presto, e puntualmente. Adesso mi premeva fare una semplice riflessione su quanto stanno facendo questi ragazzi.

In primo luogo, un'osservazione. Questi ragazzi sono stati chiamati bamboccioni per diversi anni. Giovani che rimangono a casa fino a tarda età, che non acquistano l'indipendenza, che non prendono le proprie responsabilità: ricordo bene che l'inventore di questa espressione fu Mario Monti. Scelta infelicissima, quella delle sue parole, perchè etichettò un'intera generazione, accusandola di pigrizia, o di mammismo. Trascurando, però, che questi bamboccioni hanno visto in pochi anni lo scoppio della bolla della new economy, un'inflazione reale spaventosa, causata dalla malaccorta conversione della lira nell'euro, il crollo delle due torri, una guerra ormai decennale in Afghanistan, un bagno di sangue in Iraq, gli attentati a Madrid e a Londra, la Russia fare passi indietro, trasformandosi in uno stato-mafia, il galoppare furioso della Cina e dell'India, lo scoppio della bolla immobiliare, un crollo mondiale delle borse, il fallimento delle banche e delle assicurazioni, la peggiore recessione mondiale dopo quella del 1929, manovre sanguinose per risanare i conti di diversi paesi europei. Questi bamboccioni hanno visto i sessantenni e i settantennti occupare saldamente ogni posizione di responsabilità e di potere: gli stessi personaggi che in nome della rivoluzione buttavano le molotov ed erano iscritti a Lotta Continua, e che ora pontificano di economia e di libero mercato da posizioni che è poco dire conservatrici. Non c'è che dire: nonostante quello che ne pensa Mario Monti, non si tratta di bamboccioni, ma di una generazione che verrà ricordata per essere stata la prima, dai tempi della Morte Nera, nel '300, a godere di minori prospettive di sviluppo di quelle precedenti.

In Italia, il posizionamento di ognuno all'interno della società era sempre stato regolato, più che da merito e iniziativa personale, dall'appartenenza a opportune consorterie e da liturgie legate ad anzianità. Un tempo aspettavi il tuo turno nella fila, e se pazientavi abbastanza, prima o poi la tua occasione sarebbe arrivata. Ciò era stato permesso dall'allargamento dello stato sociale a debito (quindi pesando sulle generazioni successive), e da prospettive economiche mondiali sostanzialmente in crescita. A ciò si accompagnava una ideologia diffusa ma non esplicita, propagata da televisioni e giornali, di giovanilismo paternalista: che sembra un ossimoro, ma esprimeva il fatto che i giovani dovessero semplicemente consumare e divertirsi, in compagnia di adulti atteggiati a giovani, e che poco si dovessero occupare delle resonsabilità. I giovani come consumatori e non come molla di novità e lievito della società, sostanzialmente inattivati e tenuti a bada, affinchè non sgomitassero, nelle aziene come nella politica.
Oggi, sono venuti al pettine alcuni nodi: la crescita ulteriore è inibita dalla concorrenza delle economie emergenti, la cui demografia è a dir poco esplosiva, e lo stato sociale, gli anziani, i malati, sono diventati troppo numerosi rispetto alla capacità di sostenerli da parte dei giovani che lavorano effettivamente, troppo poco numerosi in Italia, oggi. I giovani non lavorano, o non lavorano abbastanza, o non sono pagati a sufficienza. Lo stato sociale dovrà essere ridotto, e già si sa che i giovni di oggi godranno di pensioni da fame nel futuro. L'acquisto della casa verrà rimandato, come spesso il matrimonio, o la formazione di una famiglia con figli. Come dicevo, si tratta di una generazione che gode di minori prospettive di sviluppo rispetto a quelle delle generazioni precedenti. Non è un paese per giovani.

La seconda osservazione è che, appunto nati e allevati in una cultura essenzialmente televisiva, dove l'uomo nuovo è disceso di un gradino lungo la scala dello sviluppo umano, regredendo dal rango di cittadino a quello di utente, di telespettatore, di consumatore, avvcinandosi di nuovo al punto che separava l'essere umano dalla scimmie, questi giovani non hanno idea di cosa cambiare. Hanno sostanzialmente già tutto. Tutto ciò che serve per riempire la pancia, per coprire il corpo, per fare sesso. Sono saturi, non immaginano nuovi diritti. Non sarebbero caspaci di fare il '68, perchè non saprebbero cosa combattere della vecchia società, visto che ne hanno assimilato in profondità i vizi e i vezzi. Sono uguali ai padri. Anzi, i padri sono più piratescamente simpatici.

Così, da quel che ho scritto, rileggendomi mi appare finalmente chiaro il significato delle proteste recenti. Questi studenti non stano facendo alcuna scelta "progressiva". Non fanno il '68, non tentano in alcun modo di cambiare le cose. Ciò che li ha spaventti, che ha inculcato in loro una paura quasi animale, di quella che te ne accorgi dall'odore, è il pensiero che il loro mondo materiale, fatto di cose, di abitudini consolidate, di comodità, di sicurezze sociali ed economiche, si sta erodendo. Sono come quegli orsi bianchi bloccati su una zattera di ghiaccio alla deriva per colpa del riscaldamento globale, e che lentamente si consuma. Si accontenterebbero di non godere di minori diritti e opportunità di coloro che li hanno preceduti, ma vedono che nessuna posizione riesce ad essere mantanuta: una volta, è un colpo alle pensioni future, un'altra è un colpo alle borse di studio universitarie o un aumento delle tasse, un'altra ancora è l'aumento della disoccupazione giovanile.

Per questo, mi pare di potere prevedere, stanti le cose, un aumento della turbolenza. Se ne sono viste delle avvisaglie, in altri paesi, come per esempio l'occupazione della sede del Partito Conservatore inglese, dopo la decisione di triplicare le tasse di accesso all'università. Le turbolenze certamente aumenteranno. Ed in Italia saranno ancora più forti, dato che l'ideologia berlusconiana sta tramontando, non con un lento degradarsi per essere sostituita da qualcos'altro, ma con un tonfo che precipiterà molti sotto le macerie, morali, materiali e, credo, giudiziarie. Sono convinto, anzi auspico, che i giovani, come un branco di cani che è affamato, dopo che per anni era stato trattato artificialmente bene, morderà la mano di chi li aveva allevati.

02 dicembre 2010

La recensione: Caramelle Golia Activ Extra Forte

Che poi sarebbero quelle della pubblicità del lottatore che piange. Aspettandomi chissà che, le ho messe in bocca con una certa circospezione. Delusione: stanno ancora diverse lunghezze sotto le peggiori Fischerman's Friends.

29 novembre 2010

Il braccialetto con le caramelline


Sono entrato dal Tabaccaio in cerca dell'abbonamento autobus, e ne sono uscito co il braccialetto con le caramelle! Erano 30 anni che non ne sgranocchiavo uno... :-)
Mi pare li facciano in Cina, nel Guangdong: speriamo di non sentirmi male, domani...

10 novembre 2010

La vita autentica

Nessuno sa se ci sarà davvero una pesatura delle anime alla fine del mondo, ma la bilancia della psicostasia esiste dentro ciascuno di noi, perchè ciascuno è in grado di capire quanto pesa la propria e l'altrui personalità e di sentire se chi abbiamo di fronte è in vendita, e per quanto, oppure no.
La speranza per cui un uomo vive e che costituisce il suo tesoro ideale definisce la sua peculiare personalità, dà forma e sostanza alla sua anima. Ed è questo che intendo col dire che il vero uomo ha trovato. Non ha trovato nulla di definitivo, di concluisvo, di indiscutibile. Purtroppo (o per fortuna) la vita è fatta in modo tale da non lasciar sussistere nulla di definitivo, di conclusivo, di indiscutibile. La speranza è destinata a rimanere speranza, a non trasformarsi mai in sapere. L'uomo che definisco vero ha trovato una speranza (non una dottrina né un'ideologia) per la quale vivere, come una specie di luce, lontana, verso cui camminare.

Vito Mancuso, La vita autentica, Raffaello Cortina Editore.

La parola e la vita


"Questa è la parola...(indica la sua mano) e questa è la vita...(indica il polso) vedi... (tenta di afferrare il polso con la stessa mano) la sfiora appena: ma non la afferra."

L'OPA della Lega


Secondo me, ci sono immagini che valgono più di mille parole, più di un discorso, più di un pensoso saggio, più di una perorazione o un'arringa. La foto che mostro è di ieri, 9 novembre 2010, e ritrae Berlusconi e Bossi a Padova, in Veneto, luogo in questi giorni di disastrose alluvioni. Il Governo si presenta per manifestare la propria vicinanza alle popolazioni colpite, e per promettere quattrini
Dietro Berlusconi, tirato in volto, ritoccato, forzosamente quanto stucchevolmente elegante, nella sua divisa d'ordinanza, ci sono Bossi padre e figlio. Che sembrano tenerlo d'occhio, ruspanti nelle loro giacche a vento, e manovrarlo: quasi ormai che la sopravvivenza politica di un Berlusconi, ormai entrato in era "post", dopo lo strappo di Fini, sia affidata alla capacità di manovra di Bossi. Il quale ha tutto l'interesse a reggere Berlusconi quel tanto che basta per portarsi a casa il federalismo.
In quest'immagine, vedrei bene la mano di Bossi nascosta dietro la schiena di Berlusconi, reggere una pistola, mentre Berlusconi dichiara alla stampa ciò che Bossi gli sussurra di dire all'orecchio (cioè la promessa di tanti bei soldi al Veneto).

25 ottobre 2010

Il gallo sulla munnezza

Silvio, sulla munnezza hai costruito la tua recente fortuna.
E sulla munnezza cadrai.


(e anche questa volta il titolo si riferisce a un proverbio molto usato a casa mia)

24 ottobre 2010

Il libro che ho appena letto

Passano i giorni, e ogni ora è al tempo stesso inconcepibile e naturalissima. Gli attacchi si alternano coi contrattacchi e sul terreno devastato, fra le trincee, si ammucchiano i morti. Dei feriti, per lo più siamo in grado di raccogliere quelli che non son caduti troppo lontano; ma gli altri giacciono a lungo abbandonati, e li sentiamo morire.
Ve n'è uno, che cerchiamo invano per due giorni. Probabilmente è caduto sul ventre e non si può voltare; non si spiega altrimenti come non sia possibile rintracciarlo: solo quando si grida così con la bocca rasente terra, riesce difficilissimo stabilire la direzione.
Avrà preso un brutto colpo, una di quelle ferite rognose, che non sono gravi abbastanza da consentire alla vita di spegnersi lentamente in uno stato di semicoscienza, né d'altra parte abbastanza leggere per fare sopportare il dolore con la speranza di guarigione. Kat pensa che deve trattarsi di una frattura del bacino o di una pallottola nella spina dorsale: il torace non deve essere colpito, altrimenti il ferito non avrebbe tanta forza per gridare: e se fosse colpita qulche altra parte, si dovrebbe vederlo muoversi.
A poco a poco la voce si fa più rauca. Essa ha un suono così infelice, che potrebbe venire da qualsiasi parte. Nella prima notte, tre volte i nostri sono usciti. Ma quando credono d'aver trovato la direzione, e si avanzano carponi verso quella volta, ecco che la voce sembra ad un tratto provenire da tutt'altro punto. Fino all'alba cerchiamo invano; durantela giornata si esplora sistematicamente il terreno coi cannocchiali, m senza risultato. Il secondo giorno la voce si fa più fievole: la gola e le labbra devono essersi inaridite.

Terribile e bello: le atrocità da macelleria della guerra di trincea durante il Grande Conflitto. Erich Maria Remarque, Niente di nuovo sul fronte occidentale.

Imboscata al centro di Napoli

Al semaforo sotto casa dei miei genitori c'è un ragazzo di colore, di quelli che puliscono i vetri. Dato che la mia auto è completamente cacata dai colombi, decido che forse è il caso di farla pulire un pò: accosto, e mi metto d'accordo per una modesta cifra. Il ragazzo si mette alacremente al lavoro su vetri e tettuccio, mentre io leggo il giornale, fiero "masto" di questo car-wash improvvisato, e del "guaglione". Fumo anche un pò, per darmi ulteriormente un contegno. Gli faccio qualche domanda, gli chiedo delle profonde cicatrici simmetriche, quattro per lato, che ha sugli zigomi fin quasi alle tempie. Mi risponde che glie le ha fatte il padre: "Tradisciòne!" e mi sorride. Sono contento che qui abbiamo la tradizione della pastiera e torno a leggere il giornale.
A un certo punto, al semaforo fermano quattro furgoni dei carabinieri, ovviamente pieni di militari cazzutissimi e con gli occhiali scuri, in assetto anti-qualcosa. Si affaccia l'autista del primo furgone, e girato all'indietro, urla "qualcuno sa adesso dove dovemo annà?". Facce interrogative. La piccola colonna di mezzi rimane ferma alcuni minuti, finchè dall'ultimo furgone viene fuori un carabiniere con un tom-tom in mano, uguale a quello che ho io: avrei immaginato qualcosa di più spaziale. In ogni caso, neanche col tom-tom sanno decidere che direzione prendere, per cui il capocolonna, incazzatissimo e sempre più robocop, si butta a destra, e cioè  prende una direzione a caso. Quella sbagliata, probabilmente: se avessero dovuto andare a Terzigno, dove sta succedendo quel che succede, avrebbero dovuto andare a sinistra.
E poi mi dico che, se si perdono così, al centro di Napoli, è normale che cadano nelle imboscate in Afghanistan.


Il mio orizzonte è microborghese

Il mio orizzonte è microborghese...

Capacità di calcolo

Cena in famiglia. Un ingegnere è al terzo bicchiere di falanghina:
- tre per otto ventisette... io reggo benissimo l'alcol

21 ottobre 2010

Vediamo se tieni le palle

Gentile utente, vediamo se tieni le palle. Indovina la strada dove sono nato. Hai i quattro seguenti indizi perimetrici:
Carlo Bernari - I tre operai
Enzo Striano - Giornale di adolescenza
Elena Ferrante - L'amore molesto
Ermanno Rea - Napoli ferrovia

Non valgono i suggerimenti

Vedi Napoli e poi muori



E' inutile che ce la diciamo e ce la cantiamo. Siamo fuori dall'Italia, senz'altro fuori dall'Europa. Siamo un turbolento paese, non in via di sviluppo, bensì in pieno declino, con la popolazione in ostaggio di un folto manipolo di malviventi violenti.

18 ottobre 2010

What is mind? No matter.

What is mind? No matter. What is matter? Never mind.

George Berkeley (12 March 1685 – 14 January 1753)

13 ottobre 2010

Napoli dopo i Lumiére

E poi ditemi se non era una città strepitosa. Il documento è tratto da un film del 1926, quando Napoli era ancora la pionierstica capitale italiana del cinema.

11 ottobre 2010

I fratelli Lumière



Il simpaticissimo filmato è del 1898, ed è della mano dei fratelli Lumière. Usandolo come una macchina del tempo, lo esaminiamo per un divertente studio "sul campo" nella Napoli di più di 100 anni fa, cercando di riviverne le immagini, anche se non è purtroppo possibile coglierne gli odori e i suoni.

Il filmato inizia con la vista di una strada larga, ma non troppo, lastricata, che sulla destra sembra essere fiancheggiata da una sorta di cancellata. La via, estremamente animata e percorsa anche da tram a cavalli, piega in fondo verso destra in maniera quasi brusca. Sul lato sinistro, la strada è fiancheggiata da numerosie quanto affollate abitazioni: si notano, sempre sul fronte sinistro della strada, in fondo,  un edificio lungo e basso, di colore chiaro, con grandi aperture scure, che potrebbe sembrare essere adibito a servizi.
Non indovinate? Tanto lo so che non ci arrivate, per cui ve lo dico io: si tratta di Via Marina, e oltre quella cancellata, sulla destra, ci sarebbe il mare...
In particolare, quello che stiamo osservando è il fronte degli edifici che separava Via Nuova Marina dalle strade più interne, che correvano parallele ad essa, e che prendevano il nome di Vico Marina del Vino e Via Chianche alla Loggia. Per avere un'idea di cosa staremmo guardando, partite da Piazzetta degli Orefici, e seguite l'attuale via Capocci verso il mare: i vicoli che intersecano via Capocci sono appunto le due strade succitate. Mentalmente, aggiungete una nuova (o vecchia, a seconda dei punti di vista) cortina di edifici parallela ai vicoli attuali, e dovreste ottenere quanto si vede nel filmato. Vale la pena notare una cosa: all'epoca via Capocci, come molte delle strade che ora sbucano trasversalmente rispetto a via Marina, non era stata ancora tracciata abbattendo un certo numero di edifici più o meno fatiscenti, per cui il fronte sul mare appariva compatto e non interrotto da strade; l'unica maniera di addentrarsi nel centro storico da via Marina era quello di passare sotto alcuni attraversamenti coperti (ad esempio Porta della Marina del Vino) che facevano parte del fronte stesso. L'abbattimento del fronte (che avete dovuto aggiungere mentalmente) ha comportato un suo arretramento: il risultato è stato quello di allargare via Marina, e di ammorbidirne il tracciato, che a fine ottocento faceva un paio di curve piuttosto brusche. Una sugestiva foto d'epoca, che inquadra più o meno la stessa scena del filmato, è quella presente a pag.229 del libro di Alisio. L'edificio con i locali di servizio che si vede sulla sinistra al fondo della strada è la cosiddetta Pescheria, non più esistente, anche detta Pietra del Pesce: ora al posto suo c'è Via Nuova Marina, come la si vede all'altezza della presente via Carlo Troya. Il punto di osservazione scelto dai fratelli Lumière mi sembra corrispondere  al centro dell'attuale Via Nuova Marina, all'altezza di Via Giuseppe Marotta. Vale la pena notare, da ultimo, che neanche il porto era stato ancora allargato con le colmate a mare, e la successiva creazione dei moli novecenteschi, per cui il rapporto del fronte di case con il mare era strettissimo.

All'istante 00:32 del filmato inizia una ripresa di via Roma. Niente da dire: tranne che per i lampioni e gli uomini in paglietta, oggi è uguale.

All'istante 1:01 inizia una sequenza particolarmente carina: si vede il Vesuvio sullo sfondo, il bacino del porto, lampioni a gas e il fumo del comignolo di qualche nave. Tanto non indovinate neanque questa: si tratta di una vista del porto dal molo dell'Immacolatella: lo si capisce perchè, pur essendo noi vicinissimi all'acqua, non vediamo grossi velieri (che invece stazionavano al molo di fronte al Maschio Angioino). All'epoca, l'Immacolatella era un edificio circondato su tre lati dall'acqua (e non da una enorme colmata come oggi), ed era collegato alla terra ferma da uno sporgente. Su un lato dello sporgente, questo si allargava in uno spicazzo, con lampioni e sedili di pietra, dove si era usi andare a prendere il fresco, e osservare lo spettacolo delle attività del porto (si vedano le figure a pag.154 del libro di Alisio). A dire il vero, lo sporgente non era propriamente collegato alla terra ferma, ma alla strada costiera, che lì formava una stretta curva, cambiando il nome da via Piliero a Ponte dell'Immacolatella: il Ponte dell'Immacolatella chiudeva un bacino interno detto del Mandracchio, oggi riempito e non più esistente. Per dare un'idea di dove fosse questo Mandracchio (o Porto Piccolo), si può dire che esso occupasse via Cristoforo Colombo e parte delle moderne aree portuali tra la Chiesa di Santa Maria di Portosalvo e l'ex sede del Roma, oggi Hotel Romeo.

Infine, il filmato mostra, dall'istante 1:32, via Santa Lucia, vista dalla cima della strada. Tranne per un paio di edifici sullo sfondo, abbattuti e sostituiti d palazzi moderni, la strada è tale e quale ad ora, se non per un piccolo particolare...vedete la luce da sinistra? All'epoca non era stata ancora completata la colmata a mare che avrebbe dato origine a via Parthenope, e Santa Lucia, non coperta dagli hotel eleganti, godeva di un rapporto diretto con il mare.

03 ottobre 2010

Stravizi privati, pubbliche virtù, e faccia delle zoccole vecchie

Come alcuni di voi ricorderanno, il nostro premier S.B. è stato colto in un filmato mentre racconta ad alcune persone una barzelletta sull'onorevole Bindi, che mi pare di capire lui non apprezzi granchè fisicamente, condita da una sonora bestemmiona ("Orcod..."). L'occasione è quella di una visita all'Aquila, per seguire l'andamento della ricostruzione: sono presenti militari italiani, carabinieri, gente della protezione civile.
Devo ammettere, godendomi il filmato, che il premier è un attore eccezionale, e un vero mattatore mentre racconta barzellette, e quindi su questo nulla da dire. Ci sarebbe da osservare, per la verità, che S.B. crede di essere simpatico ripetendo la medesima gag sulla Bindi fin dal 2003 (ma il ripetersi non è un sintomo di arterie indurite? vedi qui): forse il premier invecchia male. Piuttosto mi sembra più interessante mettere in luce la faccia delle zoccole vecchie (1) che hanno alcuni acuti pensatori del centro destra.

In effetti, osserviamo che la diffusione del filmato incriminato ha provocato una salva di critiche, anche dal Vaticano. Critiche alla quale dal centro destra si è risposto con il seguente ragionamento: una barzelletta sessista e ad oggetto una persona non presente, che non può difendersi, condita da una bestemmia, raccontata in un'occasione privata e non destinata al pubblico, non è offensiva quanto l'averla filmata di nascosto e diffusa. Il ragionamento sembra non fare una piega: S.B. sarebbe stato spiato nel più intimo privato, e sono stati messi in piazza i suoi vizietti privati (torturarsi col pensiero della Bindi e raccontare barzellette), che non possono essere criticati come si potrebbe normalmente fare nei confronti della sua funzione pubblica, rivestita in occasioni ufficiali. E' proprio questa la difesa che con le mie orecchie ho sentito da tre o quattro esponenti politici di centro destra diversi, e ogni volta che la riascolto la trovo più spassosa.

E' incredibile come questi manipolatori della realtà trascurino il fatto che la giornata durante la quale è stato ripreso il filmato non era quella di una scampagnata con gli amici fuori porta, ma una visita ufficiale su un luogo colpito da un disastro. Dunque funzione pubblica. Che i presenti non erano compagni d'infanzia del premier, ma soldati, carabinieri, volontari della protezione civile, personale politico e altri dipendenti dello Stato, perfetti sconosciuti e non compagni di merende del premier. Che la registrazione non è avvenuta in uno sgabuzzino, dove il premier aveva fatto in modo da appartarsi, per lasciarsi andare un pò, ma all'aperto e tra la gente, quindi esattamente in pubblico.

Io, ultimamente, per continuare a credere alla solidità della realtà, al fatto che il mondo non gira all'incontrario e che c'è una logica nelle cose, ho cominciato a fare la tara ad ogni singola parola profferita dalla bocca di un politico di centro-destra. E devo dire che mi sento meglio, quando lo faccio.

Note
(1) La faccia delle zoccole vecchie. Espressione napoletana, molto usata nella mia famiglia, e che esprime la faccia di bronzo di alcune persone: faccia paragonabile solo a quella delle prostitute, oramai incallite e rotte a ogni bassezza, che si dedicano al mestiere fino alla tarda età.

01 ottobre 2010

E'Punto


TelesE'bellissima: il fornitore ufficiale di pubblico divertimento nel beneventano. E io sono l'unico ad avercelo sul culo dell'auto.

30 settembre 2010

The bad guy

Un tuffo nella memoria...

Un tuffo nella mia memoria, che per tutto ciò che riguarda il periodo '78-'85 è sicuramente molto meglio della vostra. Tornato a casa mi sono messo a giocare con Youtube, e guarda cosa ti pesco: buona parte dei vecchi video di Kate Bush, alcuni in ottima definizione.
Ovviamente non ricordate chi è Kate Bush, e perciò scaricatevi da qualche parte "Wuthering heights", "Army dreamers", "Hounds of love", "The man with the child in his eyes", "Wow", e non continuate a tritarmi le palle con la vostra ignoranza. Io ci ho i suoi primi album, e vi assicuro che quella ragazza, oltre che bravissima e bellissima, componeva arrangiava suonava e cantava pressochè da sola, ed era un genio dal punto di vista musicale (confrontate con Tori Amos, e poi mi dite quest'ultima a chi si è ispirata).

A pensarci bene, credo che non mi emozionerebbe così tanto, a vederla e a sentirla oggi, se non fosse legata a un ricordo di infanzia: uno di quei ricordi che formano il mio imprinting, le mie emozioni più primitive, e che hanno deciso per me che tipo di donna mi deve piacere, e come deve essere fatta, e cosa deve sapere fare (voglio dire, saper fare, a parte QUELLO che state pensando eh eh eh). Dunque ricordo, avevo 5 anni, di questo videoclip musicale, "Babooshka", che vedevo ogni mattina su chissà quale rete privata tra la giungla di quelle che nacquero in quel periodo, la televisione accesa da mia madre per essere aiutata nel baby-sitting. Il videoclip veniva ripetuto ogni mattina di quella estate, e quando lo passavno, io mi alzavo dalla mia sediolina, e cominciavo a ballare e a dimenarmi, sotto l'occhio divertito di mamma. E sognando ballavo, guardando quella elegante adorata ragazza vestita di nero, che faceva volteggiare un contrabbasso, cantando così...

28 settembre 2010

Eduardo ricorda Totò

Erano più colorate le strade di Napoli, più ricche di bancarelle improvvisate di chioschi di acquaioli, più affollate di gente aperta al sorriso allora, quando alle dieci di mattina le attraversavo a passo lesto - avevo quattordici anni - per trovarmi puntuale al teatro Orfeo, un piccolo, tetro, e lurido locale periferico, dove, in un bugigattolo di camerino dalle pareti gonfie di umidità, per fare quattro chiacchiere tra uno spettacolo e l'altro, mi aspettava un mio compagno sedicenne che lavorava là. Oggi è morto Totò. E io, quattordicenne di nuovo, a passo lento risalgo la via Chiaia, e giù per il Rettifilo, attraverso piazza Ferrovia... Entro per la porta del palcoscenico di quello sporco locale che a me pare bello e sontuoso, raggiungo il camerino, mi siedo e mentre aspetto ascolto a distanza la sua voce, le note della misera orchestrina che lo accompagna e l'uragano di applausi che parte da quella platea esigente e implacabile a ogni gesto, ogni salto, ogni contorsione, ogni ammiccamento del « guitto ». Do un'occhiata attorno; il fracchettino verde, striminzito, è lì appeso a un chiodo: accanto c'è quello nero. Quello rosso, glielo vedrò indosso tra poco, quando avrà terminato il suo numero. I ridicoli cappellini... A bacchetta, a tondino... e nero, marrone, e grigio... sono tutti allineati sulla parete di fronte... Manca il tubino: lo vedrò tra poco. Il bastoncino di bambù non c'è: lo avrà portato in scena. E lì, sulla tavoletta del trucco? Cosa c'è in quel pacchetto fatto con la carta di giornale? È la merenda, pane e frittata. 

E la miserabile musica continua, e la sua voce diventa via via ansiosa di trasportare altrove quella orchestrina di moltiplicarla. Dal bugigattolo dove mi trovo non mi è dato vederlo lavorare, ma di sentirlo e immaginarlo com'è, come io lo vedo come vorrei che lo vedessero gli altri. Non come una curiosità da teatro, ma come una luce che miracolosamente assume le fattezze di una creatura irreale che ha facoltà di rompere, spezzettare e far cadere a terra i suoi gesti e raccoglierli poi per ricomporli di nuovo, e assomigliare a tutti noi, e che va e viene, viene e va, e poi torna sulla Luna da dove è disceso. Ora sono travolgenti gli applausi e le grida di entusiasmo di quel pubblico: il numero è finito. Un rumore di passi lenti e stanchi si avvicina, la porticina del bugigattolo viene spinta dall'esterno.

Egli deve aprire e chiudere più volte le palpebre e sbatterle per liberarle dalle gocce di sudore che gli scorrono giù dalla fronte per potermi vedere e riconoscere, e finalmente dirmi: «Edua', stai cca'! » E un abbraccio fraterno che nel tenerci per un attimo avvinti ci dava la certezza di sentire reciprocamente un contatto di razza. E le quattro chiacchiere, quelle riguardavano noi due, le abbiamo fatte ancora per anni, fino a pochi giorni fa.

Paese Sera, 1967.

22 settembre 2010

Carta igienica

Esami

L.: - Signorina, ha fatto questo grafico a mano, disegnandolo per punti. Ma Excel, niente?
Studentessa: - Non potevo stamparlo, avevo terminato la carta igieni... la carta per la stampante.
L.: mmm, certo :-)

20 settembre 2010

La sera che conobbi Saviano

Mi è spesso capitato di vedere Roberto Saviano in tv, parlare di criminalità organizzata o di poeti come Ken Saro Wivwa: durante una simile chiacchierata, mi è tornato in mente di quella sera che io lo conobbi, Saviano. Due settimane prima che entrasse nel programma di protezione.
Mi trovavo con amici, seduto a un pub, e mentre mi guardavo in giro vidi un ragazzo dalla faccia conosciuta, pelato e con la barba di tre giorni, che parlava con un amico biondino. Appunto, dato che la faccia mi aveva dato un'impressione di già visto, mi chiesi se potevamo conoscerci. Magari avevamo frequentato la stessa parrocchia, lo stesso partito, la stessa scuola. Boh? Il giovanotto aveva questa faccia qui.


Poi all'improvviso ebbi davanti agli occhi la quarta di copertina di un libro che avevo comprato da poco, e di cui avevo letto solo un paio di capitoli. Il libro era Gomorra, e parlava di crimine organizzato a Napoli: il 'Sistema'. E l'autore era proprio il ragazzo che stava seduto di fronte a me, un paio di tavoli più in là. Il libro era scritto benissimo, e il primo capitolo mi aveva preso in maniera particolare, per cui mi alzai dal mio posto e mi diressi verso il giovanotto, che seduto davanti a un panino e una birra, parlava l'amico.

L. (con il dito puntato): - Buonasera, lei è Roberto Saviano?
...
(lunga pausa di silenzio)
...
R.S. (sbiancato): - Sì... (balbettando) sono io...
L.: - FANTASTICO! :-) Sto leggendo il libro, è scritto benissimo... BLA BLA
R.S. (visibilmente sollevato): - Ah, bene! BLA BLA BLA
L.: - Tra l'altro, quando ebbi tra le mani la quarta di copertina avevo già l'impressione di conoscerti. Magari ci siamo già visti quando eravamo tutte e due dei ragazzi. Che sei stato iscritto ai DS o qualcosa del genere?
R.S.: - No, io ero iscritto a Rifondazione
L.: - Magari ci siamo visti a qualche manifestazione BLA BLA BLA
R.S.: - Boh? BLA BLA BLA
L.: - Vabbè, ciao, torno al tavolo dai miei amici. Ancora complimenti e buona serata ;-)
R.S.: - Buona serata :-)

Più avanti, durante la serata, mentre addentavo il mio panino imbrattato fino all'inverosimile di ketchup e maionese, sentii darmi una pacca sulla spalla e vidi cascarmi nel piatto pomodori e un pezzo di carne, ormai resa scivolosissima dalle salse. Macchicazz...
R.S.: - Allora ciao! ;-)
Era Saviano che stava uscendo dal locale, insieme all'amico.
L. (con la bocca piena): - MPFCIAO! :-D
Poi, due settimane dopo, seppi che era entrato in un programma di protezione del Ministero degli Interni, e che forse quella era stata una delle ultime volte in cui si era sentito libero di girare per strada con un amico. Ovviamente, del suo libro è inutile che ne parli. E se ne parlassi, ne parlerei bene.


R. Saviano, "Gomorra", Mondadori 2006.

(we, ci stavi pure tu, To')

Giornale del Regno delle Due Sicilie


"Napoli, 7 marzo 1822
S.M. questa mattina ha presieduto al consiglio di guerra: questa sera la M.S. onorerà di sua presenza l'anfiteatro del circo d'equitazione eretto nel largo del Castello.
- Jeri sera S.M. onorò di sua presenza il real teatro di S. Carlo. Era l'ultima rappresentazione del bel dramma del maestro Rossini, Zelmira; ed insiememente l'ultima comparsa che facevano per quest'anno su le nostre scene i celebri cantanti Signora Colbrand, e Signori Nozzari, David ed Ambrogi, i quali tutti si recano in Vienna ove lo stesso dramma sarà esposto in quell'I.R.teatro. S.M. in fine della rappresentazione si benignò dare al maestro ed ai cantanti che partivano lusinghieri segni di gradimento; e tutto quel recinto echeggiò allora di vivi e continuati plausi..."


19 settembre 2010

Per un appello alla ricerca

(L'Osservatorio Astronomico di Capodimonte)
Affinché l'Italia non faccia la fine del Regno delle Due Sicilie, rileggiamo un passo del giacobino Matteo Galdi, che nel 1811 descrive la situazione delle scienze a Napoli, all'arrivo di Gioacchino Murat:

"avranno un bel da fare progetti i Governi e gli Economisti sulla protezione che accordarsi debba alle arti, alle manifatture, all'agricoltura, al commercio; non si giungerà mai ad eguagliare la Francia e l'Inghilterra in questi diversi rami d'industria, non si otterrà mai la stessa perfezione, mai la preferenza nei mercati d'Europa, se le Fisico-matematiche, e le Fisico-chimiche non vengono in soccorso di tutti i processi meccanici adatti alla confeziobne ed apparecchio delle manifatture, al miglioramento dell'agricoltura..., se il concorso di tutte le scienze e degli scienziati non le faccia percorrere rapidamente l'orbita che altre nazioni han già percorsa per giungere all'attuale grado di forza, di grandezza, di general coltura, e di prosperità".

La voyage de Penelope

18 settembre 2010

Visita alla cappella

Convegno a Palermo. Alla fine dell'ultima giornata di lavori, sono ormai le 18, siamo stremati, ma un collega propone di provare a vedere se qualche monumento è ancora aperto, per dare un'occhiata.
C.: - Che ne diresti se andassimo a vedere la Cappella Palatina a Palazzo dei Normanni?
L.: - Ma qual' Cappella Palatina, che a chest'ora forse è aperta solo 'a cappello 'do cazzo!

13 settembre 2010

Un posto al sole

Quando la sera torno a casa, e mi siedo per cenare, inizia la puntata di "Un posto al sole", serie della quale mia madre è una fedele spettatrice. Ovviamente, dato che c'è un solo televisore in cucina, io la guardo distrattamente mentre rifletto sull'effetto almeno teorico che i miei succhi gastrici dovrebbero avere sul cibo, prima che cominci a farmi male lo stomaco, come sempre più spesso di recente mi succede.

Nella puntata di stasera, che per altro è una replica, Niko, il figlio del ragioniere Renato Poggi, si dichiara scontento di essersi diplomato con solo 60. Che sarebbe 60/100, cioè la schifezza della schifezza della schifezza della schifezza dei voti. E se ne lamenta ad alta voce con il padre, e la compagna del padre. Beato lui, io l'ho indicato a mia madre, dicendo:
- Mammà, oilloco n'ato che si scrive alla Parthenope, a Ingegneria.

10 settembre 2010

Poesie zen

Gli haiku sono composizioni poetiche giapponesi, composte di pochi versi, e caratterizzate da un numero caconico di sillabe, a seconda del genere, nelle quali si esprime l'eleganza dello spirito Zen. Negli haiku si alternano osservazioni sulla natura, sul divagare dei pensieri del poeta, sulla vita di relazione o su quella dello spirito, ma sempre espresse in forma suggestivamente breve: lungi dall'essere compatti, gli haiku sono delicatamente rarefatti, e il lettore riempie in uno squarcio di luce del proprio occhio interiore il nitore di una pagina lasciata asciutta dal poeta. Volevo che voi condivideste con me il piacere di lasciarvi invadere da queste intuizioni in tre versi, che sono gli haiku, leggendone qualcuno di quelli che ho amato di più. Buona lettura.


DOGEN (1200-1253)

Venendo, andando, l'uccello acquatico
Non lascia traccia,
Né ha bisogno di una guida.

***

BASHO (1644-1694)

La pesca del cormorano:
quanto è eccitante,
quanto è triste.

Fine d'anno:
ancora col cappello di paglia
e con i sandali.

Vecchio stagno,
salto e tonfo -
una rana.

Una gatta
così magra
nutrita d'orzo e d'amore.

Malato durante un viaggio -
sui campi riarsi
i sogni vanno errando.

Tomba, piegata
al vento d'autunno -
i miei singhiozzi.

***

KIKAKU (1661-1707)

Possa chi porta
fiori questa notte,
avere la luce della luna.

Foglia
dell'igname:
il mondo d'una goccia di pioggia.

Cancello di santuario
attraverso la nebbia mattutina -
un rumore di onde.

***

BUSON (1715-1783)

Un brivido improvviso -
nella nostra camera il pettine
della moglie morta, sotto i piedi.

Sugli iris,
lento planare
d'un nibbio.

***

ISSA (1763-1827)

Lucciole
entrano nella mia casa,
non le sdegnare.

Io parto -
ora potete fare all'amore
mosche mie.

***

JOSO (1662-1704)

Non bisogna
attaccarsi alle cose -
rana che galleggia.

***

SHUSHIKI (1669-1725)

Dopo il sogno,
com'è reale
l'iris.

***

MASAHIDE (1657-1723)

Il tetto s'è bruciato -
ora
posso vedere la luna.

Sto rapidamente invecchiando

Due antinfiammatori la sera. Un lenitivo la mattina. L'antibiotico a pranzo.
Sto rapidamente invecchiando.

09 settembre 2010

Ma credo, lavorare non basterà

Giacomo Ulivi, 19 anni, partigiano, fucilato il 10 novembre 1944. Da una lettera agli amici.

[...] Mi chiederete, perchè rifare noi stessi, in che senso? Ecco, per esempio, quanti di noi sperano nella fine di questi casi tremendi, per iniziare una laboriosa e quieta vita, dedicata alla famiglia ed al lavoro? Benissimo: è un sentimento generale, diffuso e soddisfacente. Ma, credo, lavorare non basterà: nel desiderio invincibile di "quiete", anche se laboriosa, è il segno dell'errore. Perchè in questo bisogno di quiete è il tentativo di allontanarsi il più possibile da ogni manifestazione politica. E' il tremendo, il più terribile credetemi risultato di un'operazione di diseducazione ventennale, di diseducazione o di educazione negativa, che martellando per vent'anni da ogni lato, è riuscita a inchiodare in molti di noi dei pregiudizi. Fondamentale quello della "sporcizia" della politica che mi sembra sia stato inspirato per due vie. Tutti i giorni ci hanno detto che la politica è lavoro di "specialisti".
Duro lavoro che ha le sue esigenze: e queste esigenze, come ogni giorno si vedeva, erano stranamente consimili a quelle che stanno alla base dell'opera di qualunque ladro e grassatore. Teoria e pratica concorsero a distoglierci e ad allontanarci da ogni attività politica. Comodo, eh? Lasciate fare a chi può e deve; voi lavorate e credete, questo dicevano: e quello che facevano lo vediamo ora che nella vita politica - se vita politica vuol dire soprattutto diretta partecipazione ai casi nostri - ci siamo scaraventati dagli eventi. [...] che cosa abbiamo creduto? grazie al cielo niente ma in ogni modo ci siamo lasciati strappare di mano tutto, da una minoranza inadeguata, moralmente e intellettualmente.

A cura di Piero Malvezzi e Giovanni Pirelli, Lettere di condannati a morte della Resistenza italiana, Einaudi.

08 settembre 2010

Animam meam dilectam

Anno sabaudo

Collega: - E allora, studente, quanto vale "e" al quadrato?
Studente: - Ennò, prufessò, e per rispondere a questa domanda io mo' mi devo pigliare un anno sabaudo...

06 settembre 2010

Per chi suona la campana

Nessun uomo è un'isola,
completo in se stesso;
ogni uomo è un pezzo del continente,
una parte del tutto.
Se anche solo una zolla
venisse lavata via dal mare,
l'Europa ne sarebbe diminuita,
come se le mancasse un promontorio,
come se venisse a mancare
una dimora di amici tuoi,
o la tua stessa casa.
La morte di qualsiasi uomo mi sminuisce,
perché io sono parte dell'umanità.
E dunque non chiedere mai
per chi suona la campana:
suona per te.

Estratto dalla Meditazione XVII, John Donne

Nudisti

Luca: - Allora, com'è andato il weekend in Croazia?
Anna: - Stavamo su una spiaggia, e accanto a noi c'erano i nudisti.
L.: - Embè, ti sei messa nuda pure tu?
A.: - Mannò, stavano nella spiaggia accanto. All'inizio faceva un pò senso, con tutti quei vecchi col coso da fuori, poi dopo 5 minuti ti abitui.
L.: - E com'è che io alle donne vestite non riesco ancora ad abituarmi? :-)

05 settembre 2010

Il coccige

Luca: - Mamma, come va?
Mamma: - Non vedi? Sono andata al cimitero e sono caduta...
L.: - Ti sei fatta male? Come è successo?
M: - Mi sono lavata le mani a una fontanella, ma era bagnato a terra e sono scivolata. Ho sbattuto l'occipite..
L.: - Sei andata con la testa a terra???
M.: - No, con questo... (indica il sedere)
L.: - Aaaah! Il COCCIGE!
M.: - Non si dice occipite?
L.: - No, il culo è il coccige...
M.: - Marò, che bruttu nomme... e chi s'o ricord'...