31 dicembre 2010

Perle ai porci

E' la sera di Capodanno, e sono tra i miei familiari. Scherziamo tra di noi, mentre la televisione in sottofondo dà il solito programma canterino di fine d'anno: ragazzini musicali ed orchestra, ospiti famosi, gruppi del bel tempo che fu, la presentatrice ex tettona, le miss. Insomma, le solite merdate. Preferiamo parlare ad alta voce tra di noi, fare un pò di casino, commentare, e poi fare un pò di taglia e cuci sugli altri, parlare di qualche ricordo, un episodio che fa\ ridere qualche speranza.
Mentre la sera scorre liscia, compare Loredana Bertè, vestita come una barbona. E smettiamo di parlare tra di noi. Lei tiene l'orchestra letteralmente per le palle, esce dalla canzone, fa pause mentre la musica continua ad andare e tu trattieni il respiro perchè a quel punto ti saresti atteso qualche altra sillaba, e quando lo dice lei rientra e ricomincia a cantare e sceglie perfettamente il tempo e tu stesso ti senti tenuto per le palle perchè riprendi a respirare normalmente solo quando lo dice lei...
Poi termina il suo empo, ed esce. Ricominciano le merdate. E pensi: "Perle ai porci".

20 dicembre 2010

En attendant Gasparri

Che poi si scopre che l'unico ragazzo che si è fatto male durante le manifestazioni studentesche del 14 dicembre, mentre Roma bruciava, è stato colpito da un fascistello, che evidentemente con le manifestazioni studentesche non c'entrava niente. Adesso il fascistello fa anche il pentitello. Spero che paghi pienamente e clamorosamente.
Tutto ciò, mentre Gasparri va affermando che alle manifestazioni i ragazzi non vanno mandati perchè ci sono potenziali assassini dei centri sociali. Gasparri, dato che è un politico, e non una persona normale, con un'etica nella media, rimesta nella merda, e non si accorge che i potenziali assassini non sono dei  centri soclili, ma ce li ha tutti in casa lui.

19 dicembre 2010

A cena

Re: - Ebbene, Amleto, dov'è Polonio?
Amleto: - A cena.
Re: - A cena? Dove?
Amleto: - Non dove egli mangia, ma dove è mangiato.

Shakespeare, Amleto, VI, 2

17 dicembre 2010

Sacchette della munnezza rosse!

Barista: - ...che poi il presidente De Laurentis ha detto che anche per via dei problemi della città, cu'tutta sta munnezza, i giocatori si stanno impegnando di più, per darci un pò di serenità, una gioia...
Luca: - eh...
B.: - e perciò, dico io, pigliammo tutt'a munnezza e purtammola arò s'allenano, facimmo na'bella muntagna 'e munnezza... va a fernì 'ca vincimmo 'o scudetto!
L.: - Hahahaha
B.: - ...poi io dicesse alla Iervolino... sient', Iervolì, ma mo'ca è Natale... faje e'ssacchette 'da munnezza rosse, invece che nere, accussì nun ce pare che è munnezza e putimmo resistere fino a che nun vincimmo 'o scudetto...
L.: - ...Sempre per l'impegno dei giocatori del Calcio Napoli....
B: - Eh! :-)
L.: - HAHAHAHAHAHA

Sono gasato!

Come molti di voi già sapranno, per avere ascoltato dalla mia stessa voce lunghissime lamentazioni circa l'affidabilità dei rilevatori di metano, nell'ultima settimana ho avuto problemi con una perdita che proveniva dalle montanti del gas che corrono sul pianerottolo, immediatamente all'esterno del mio appartamento. Sentivamo puzza di gas, ma solo di tanto in tanto, e solo se c'erano determinate condizioni atmosferiche (molto vento). Le squadre della Napoletanagas, più volte avvertite, non hanno rilevato nulla con i loro strumenti elettronici, sia all'interno dei miei ambienti, sia all'esterno dell'appartamento, e così pure la squadra dei Vigili del Fuoco chiamata apposta. Insomma, stavamo per passare per visionari. Fino a che, evidentemente di umore migliore del solito, e più collaborativo, o forse perchè annoiati e senza niente di meglio da fare, l'ultima squadra che è venuta, pur non rilevando niente con la solita sonda (che misura le parti per milione! cioè anche il nulla!), ha deciso di credere al mio naso, e ha cominciato a demolire un muro all'esterno dell'appartamento, alla caccia delle montanti. Finalmente, il tubo di piombo è stato trovato, e un esame di una saldatura vecchia di 50 anni con l'acqua saponata ha mostrato che avevo ragione: c'era una perdita, e il gas aveva impregnato la parete di tufo, e ciò giustificava il sentore nella mia camera da letto. Per inciso, è stato esilarante scoprire che stavamo per saltare tutti in aria.
La scena davvero comica, tuttavia, si è verificata mentre gli operai procedevano alla demolizione del muro per andare alla scoperta della montante. A un certo punto, attirata dai rumori e dalla polvere, dal piano di sopra è scesa una donna bruttissima, scarmigliata, in tuta da casa, bassa e zizzuta, la quale si è presentata come condomina, e ha chiesto che stavamo facendo, evidentemente scottata da brutte esperienze con precedenti lavori nello stabile.
Luca: - Signora, c'è una perdita di gas su questo pianerottolo, e gli operai sono a lavoro per ripararla...
Signora Cessa: - Eh! Ma è venuta ieri la ditta a lavare a terra! Poi pulite voi?
L.: - Eh, signora... eventualmente puliamo noi
S.C.: - Ccà nisciuno penza alla pulizia... ccà ind'a stu palazzo penzano solo a pittà 'nfaccia o'muro o a sfravecà(1)...
L. - Signora, le ho detto che puliamo noi. Però questo mi sembra l'ultimo dei problemi, visto che se non si faceva questo servizio, qua saltavamo tutti in aria...
S.C.: - Nun me ne fotte ca'zumpamm'in aria... 'basta cche dopo pulizzate!!!


Note
(1) sfravecare: demolire

14 dicembre 2010

Roma brucia!


(il furore intestino e la feroce lotta civile strazieranno ogni parte d'Italia; il sangue e la rovina saranno così comuni e gli spaventosi spettacoli così familiari che le madri non sapran che sorridere nel mirare i loro bimbi squartati dagli artigli della guerra; ogni pietà sarà soffocata dall'abito delle truci gesta; e lo spirito di Cesare, vagante in cerca di vendetta, con al suo fianco Ate uscita infocata dall'inferno, entro questi confini con voce di monarca griderà "Sterminio", e scioglierà i mastini della guerra, così che questa infame impresa ammorberà la terra col puzzo delle carogne umane gementi per la sepoltura)

W. Shakespeare, Cesare. Atto terzo, scena prima.

10 dicembre 2010

Davvero l'università spreca i soldi?

Di recente, il dibattito politico relativo alla riforma dell'Università è sembrato concentrarsi attorno agli sprechi che si perpetrano nell'Università italiana. Tali sprechi (e gli altri problemi, quali il nepotismo, la scarsa produttività, la mancanza di eccellenze, l'autoreferenzialità e l'impermeabilità dell'ambiente universitario) avrebbero suscitato la risposta quasi etica da parte del governo, che ha varato, circondata dal consenso popolare, una riforma che si configura come punitiva ai danni di questa sentina di vizi. Agli studenti che protestavano, perchè la riforma, insieme con la manovra economica, si accompagna a pesantissimi tagli al diritto allo studio (dimezzato quasi ovunque il numero delle borse di dottorato, trasformazione delle borse di merito, erogate a fondo perduto, in prestiti di onore da restituire negli anni successivi alla laurea, ridotti gli altri stanziamenti relativi a mense e quant'altro), la Gelmini ha risposto seraficamente che gli studenti che scendevano in piazza non facevano altro che aiutare "i baroni universitari".

Dato che voi lettori probabilmente non lavorate nell'Università, e degli sprechi dell'Università ne avete la stessa rappresentazione giornalistica che ne ha la Gelmini (che l'università le conosce solo perchè ci si è laureata, e non troppo bene), ho voluto raccogliere qualche dato per cercare di capire se davvero la ricerca italiana fa così cagare, come sicuramente credete. Alla fine conteremo i gol a mio favore, che voglio difendere l'Università italiana, e quelli a favore del terzetto Gelmini-Tremonti-Brunetta, che la vogliono affossare (a tutto vantaggio di postacci quali il CEPU).
Cominciamo. La prima tabella che vi mostro (la trovate qui, al sito ufficiale di Eurostat), è quella relativa alla spesa in ricerca scientifica, rapportata al PIL, per l'anno 2006, e che contempla la somma di investimenti pubblici e privati.

L'Unione Europea considera molto virtuosa una spesa pari almeno al 3% del PIL (linea orizzontale rossa), e la tabella riporta come molto virtuosi solo tre paesi al mondo: Giappone, Finlandia e Svezia. Seguono gli altri paesi del primo mondo. Tra i quali noi non ci siamo, dato che siamo superati anche da Estonia, Spagna, Lussemburgo, Slovenia, Repubblica Ceca. Dunque, per la ricerca e lo sviluppo, in Italia, e già prima della cura Gelmini-Tremonti-Brunetta, si spende meno che altrove. Evidentemente il governo italiano e le compagnie private italiane trovano più appropriato spendere in altro modo i soldi: in ogni caso, non mi pare si possa dire che la ricerca in Italia rubi i soldi ad altri tipi di impieghi. Detto diversamente, se in Italia c'è gente che pensa che i soldi spesi in ricerca e sviluppo siano soldi buttati nel cesso, non c'è però alcun appiglio per dire che in Italia se ne sprechino percentualmente più che altrove.
Dunque, 1 a 0 per me. Continuiamo, ma prima scarichiamo qui l'annuario statistico di Eurostat relativo a ricerca e sviluppo nell'Unione Europea nel 2010. La lettura della tabella della figura sopra potrebbe far pensare che in Italia si fanno soprattutto scarpe e pizze, per cui le aziende necessitano di moderati investimenti in ricerca e sviluppo: questo spiegherebbe perché la  percentuale totale di investimenti in ricerca e sviluppo rispetto al PIL è bassa in Italia. Seguendo questo argomento, Gelmini-Tremonti-Brunetta potrebbero dunque dire che è inutile che lo Stato investa di più, in Italia, in termini di reicerca e sviluppo, perchè già investe tanto, e non può certo supplire alla mancanza di iniziativa dei privati italiani. Beh, avete appena scaricato l'annuario, e ve avete consultato la Figura 1.2, scoprendo che nel 2008 in Italia lo Stato ha investito lo 0.63% del PIL in ricerca e sviluppo. Tanto? Troppo? Senz'altro troppo per Gelmini-Tremonti-Brunetta: la media dell'Unione Europea a 27 paesi fa lo 0.72%. La Spagna investe 1.07%, il Portogallo 1.02%. Negli ultraliberali Stati Uniti lo Stato spende lo 0.99% (altro che le Università private!). Fanno meglio di noi tutti i nostri diretti concorrenti (Germania, Francia, Regno Unito, Spagna), ma anche concorrenti meno diretti (Corea del Sud, Giappone, USA, Norvegia eccetera eccetera).
Comunque la giriate, continuiamo a fare schifino: 2 a 0 per me. Un argomento della Gelmini e di Tremonti è che in Italia le risotrse devono essere dirottate dalle Università di merda verso le vere eccellenze. Eccellenze, ovviamente, settentrionali. La Figura 2.9 del citato annuario statistico riporta le prime 30 regioni dell'Unione Europea, per spesa percentuale in ricerca e sviluppo. Delle prime 7, 3 sono svedesi, 3 tedesche, e una finlandese. Segue l'ottava, francese. Eccetera. Nessuna italiana tra le prime 30. Evidentemente, la struttura di ricerca e sviluppo in Italia è diffusa, a bassa intensità. Al punto da mettere in discussione l'argomento per il quale si dovrebbero fare crepare i meno meritevoli (in specie meridionali) a favore di altre realtà a più alta intensità di ricerca e sviluppo: individuatemi prima chi sarebbero questi primi della classe, in Italia!
3 a 0 per me. Andiamo avanti. E' noto l'argomento per il quale in Italia troppa gente campa sulle spalle degli altri, specie nel settore della ricerca. Se sono così tanti, è ovvio che non fanno un cazzo. Vediamo. In Italia sono impiegati, tra pubblico e privato, l'1.33 % dei lavoratori nei settori di ricerca e sviluppo, sia pubblici che privati (Figura 3.1). La media europea fa 1.54%, con punte allucinanti del 3.68% come in Islanda. Se si contano solo i ricercatori del settore privato, in Italia fanno lo 0.46% dei lavoratori totali (Figura 3.2), mentre la media europea è 0.64%, con punte del 2.15 % (Lussemburgo). Diciamo che in Italia, lo 0.87% delle persone campa di ricerca e sviluppo nel settore pubblico, e quindi per definizione sono parassiti sulle spalle degli italiani onesti: la media europea è dello 0.9%, cioè più parassiti!
4 a 0 per me. Vabbè, si spende poco in Italia, in ricerca e sviluppo. Ma con ragione, tanto i ricercatori e i professori italiani non fanno un cazzo. Tanto non li legge nessuno. Leggiamo qui, da un articolo di Nature, l'impatto che ha la pubblicazione degli articoli scientifici pubblicati, per Nazione. Gli italiani si classificano settimi al mondo, in termini di numero di numero di pubblicazioni totali, tra il 1997 e il 2001. Ugualmente si classificano settimi, per il numero di citazioni che ricevono i loro articoli. Dunque, ottengono piazzamenti molto migliori di quello che ci si sarebbe potuti aspettare se si fossero considerati solo i denari investiti.
Fanno già 5 a 0 per me. Volete arraparvi ancora di più? Il numero di pubblicazioni dei ricercatori, e il loro costo, rappresenta l'unica vera misura di efficienza di un sistema di ricerca. Allora consultate il sito dell'Organizzazione per la Cooperazione e lo sviluppo economico. Nel 2007, gli Stati Uniti hanno speso 376.9 miliardi di dollari in ricerca e sviluppo, e l'Italia 19.6. Gli Stati Uniti, nello stesso anno, sono riusciti a piazzare 323026 pubblicazioni scientifiche, mentre l'Italia ne ha piazzate 53983. Beh, se fate il calcolo, trovate che per fare una pubblicazione, negli Stati Uniti occorre 1.17 milioni di dollari di investimento, mentre in Italia bastano 363 mila euro: i ricercatori italiani ottengono tre volte di più, a parità di costo!
6 a 0 per me. Si, vabbè, direte: magari il ricercatore quello che di buono fa, lo fa spendendo poco. Ma abbiamo comunque deciso che il ricercatore italiano medio non fa un cazzo, perchè siamo prevenuti e si sa che la ricerca è piena di parassiti di sinistra. Beh, nel 2007 in Italia i ricercatori hanno prodotto sulle riviste internazionali una media di 0.66 pubblicazioni a testa. Poco? Al mondo solo gli svizzeri hanno pubblicato di più, con 0.88 pubblicazioni a testa. Gli Usa sono distanti, con 0.24 pubblicazioni a testa (un terzo delle pubblicazioni del ricercatore italiano medio....): in termini di pubblicazioni, un ricercatore italiano ha un'efficienza economica pari a 9 volte quella di un ricercatore statunitense.
7 a 0 per me: cappotto!

In conclusione. Fermatevi, per carità di Dio, fermatevi. Non vi rendete conto di quello che state facendo a noi, e quello che fate al futuro del nostro paese, con le vostre riforme del cazzo. Fermatevi, finchè siete in tempo. fermatevi, prima di trasformarci in un paese del terzo mondo. Sì, siamo universitari, siamo spocchiosi, siamo odiosi, superbi, orgogliosi. Non siamo simpatici. Ma lavoriamo sodo, e non vi abbiamo fatto niente: tranne ricordarvi ogni giorno quanto siate delle merde, fin dai tempi delle vostre prime bocciature. Ma non potete affossare un paese intero solo perchè vi disistimiamo, ricambiati.
Fermatevi, finchè siete in tempo.

09 dicembre 2010

La città degli omicidi

Per questioni che non vi possono riguardare, io una volta alla settimana sono costretto a vedere la puntata di "Don Matteo", la serie televisiva ambientata a Gubbio, dove un parroco interpretato da Terence Hill indaga sugli omicidi che avvengono nella città.
Capite? Un omicidio alla settimana! Mi sono convinto che Gubbio deve essere un posto di merda.

07 dicembre 2010

Qualche tempo fa, dal tabaccaio

Qualche tempo fa, ero in fila dal tabaccaio. Un signore, davanti a me, chiedeva le sigarette, e gli consegnavano un pacchetto con una delle solite scritte terroristiche: "Il fumo provoca impotenza". Leggeva ad alta voce, le restituiva e subito chiedeva: "Dateme chelle ca fanno venì o'cancro".

06 dicembre 2010

Che Allah protegga i bergamaschi dai bergamaschi

Come sapete, ormai sono diversi giorni che è scomparsa in provincia di Bergamo la tredicenne Yara Gambirasio. Scomparsa nel nulla, appunto. Sabato, un marocchino, tale Mohammed Fikri, era stato arrestato con l'accusa del rapimento, sulla base di una intercettazione che era stata tradotta "Che Allah mi perdoni, non l'ho uccisa io". L'evento è stato la molla che ha fatto scattare le sloite pagliacciate leghiste e razzistoidi, con frasi violentissime profferite da gente che si cagherebbe addosso se solo gli facessi "buh". Così, queste persone non hanno alcuna vergogna a erigere cartelli con scritto "Occhio per occhio, dente per dente", oppure "Marocchini fuori da Bergamo".
Intanto, il marocchino è stato scarcerato. La traduzione della sua frase era stata fatta male, e per altri supposti indizi di colpevolezza ha dato ampie e soddisfacenti spiegazioni. E così, io mi chiedo, cosa succede liggiù al nord, dove anno dopo anno contionua a montare un odio sordo, e chi salverà i bergamaschi dagli altri bergamaschi...

05 dicembre 2010

Proverbio napoletano bellissimo

Abbesogna fa'o pireto pe'quanto è gruoss'o culo.

Non bisogna fare il passo più lungo della gamba.

A proposito di ricerca: il libro che ho appena letto



"Come potremmo arrestare il progresso scientifico e industriale? Chiudendo o controllando i laboratori di ricerca, sopprimendo o controllando le riviste scientifiche e altri mezzi di discussione, sopprimendo i congressi e le conferenze scientifiche, sopprimendo le università e le altre scuole, sopprimendo i libri, i mezzi di stampa, lo scrivere e infine il parlare. Tutte queste cose che dovrebbero essere soppresse (o controllate) sono istituzioni sociali. La lingua è un'istituzione sociale senza la quale il progresso scientifico non è concepibile, perchè senza di essa non può esservi nè scienza nè una tradizione viva e progressiva. Lo scrivere è un'istituzione sociale, e così pure lo sono le organizzazioni tipografiche ed editoriali e tutti gli altri strumenti istituzionali del metodo scientifico. Lo stesso metodo scientifico ha degli aspetti sociali. La scienza, e in particolar modo il progresso scientifico, non sono il risultato di sforzi isolati, ma della libera concorrenza del pensiero. Poichè la scienza ha bisogno di una concorrenza sempre maggiore, le ipotesi, e di esperimenti sempre più rigorosi; e le ipotesi concorrenti hanno bisogno di avvocati, hanno bisogno di una giuria, e perfino di un pubblico. La rappresentazione personale, per funzionare, deve essere organizzata istituzionalmente. E queste istituzioni devono essere finanziate e protette dalla legge. In ultima analisi il progresso dipende in larghissima misura dafattori politici; da istituzioni politiche che garantiscano la libertà di pensiero: dipende dalla democrazia."

Karl R. Popper, Miseria dello storicismo, Feltrinelli

p.s.: Ovviamente, mi sono venuti i brividi osservando la situazione nella quale versiamo. Sono indimenticabili frasi come "Non leggete i giornali". E non posso chiudere gli occhi, per non vedere il tentativo di controllo dei media, e quindi delle menti, nella enorme concentrazione editoriale, in specie televisiva, che si è prodotta in Italia, nelle mani di un solo uomo. Nè riesco a vedere come logicamente slegato da ciò il tentativo di un maggiore controllo delle università e dei centri di ricerca da parte dello Stato centrale: nessuno se di voi lo ricorda, ma è bene che io vi rinfreschi la memoria sul successo del governo nel guidare l'assalto nelle nomine delle istituzioni scientifiche quali il CNR (e sugli strascichi polemici conseguiti: leggete qui). Del resto, conoscete bene le leggi arcaiche che solo in Italia rendono difficoltoso se non impossibile l'accesso a Internet dagli hotspot di locali pubblici. E sono sotto gli occhi di tutti i tagli alla cultura e alla ricerca pubblica, mentre viene finanziata la libera università del CEPU.

04 dicembre 2010

Non è il '68


Nei giorni scorsi un'ondata di manifestazioni studentesche ha percorso l'Italia. Di proteste così non se ne vedevano da tempo: lanci di uova contro l'ingresso della Camera dei Deputati, tentativi di rovesciare camionette della polizia nel pieno centro di Roma, occupazioni di facoltà e rettorati, occupazione di monumenti, occupazioni di stazioni e blocchi di importanti collegamenti stradali, financo occupazioni simboliche di luoghi-simbolo all'estero, quale la Tour Eiffel a Parigi, e infine veglie sui tetti.  Erano giovani medi e universitari, spesso in compagnia di ricercatori e docenti, che protestavano contro la riforma universitaria, così come è stata licenziata dalla Camera.
Di quanto faccia schifo questa riforma, di quanto sia semplicemente punitiva per il mondo dell'università, che è un pianeta materialmente e intellettualmente alieno dal presente governo, è cosa di cui discuterò presto, e puntualmente. Adesso mi premeva fare una semplice riflessione su quanto stanno facendo questi ragazzi.

In primo luogo, un'osservazione. Questi ragazzi sono stati chiamati bamboccioni per diversi anni. Giovani che rimangono a casa fino a tarda età, che non acquistano l'indipendenza, che non prendono le proprie responsabilità: ricordo bene che l'inventore di questa espressione fu Mario Monti. Scelta infelicissima, quella delle sue parole, perchè etichettò un'intera generazione, accusandola di pigrizia, o di mammismo. Trascurando, però, che questi bamboccioni hanno visto in pochi anni lo scoppio della bolla della new economy, un'inflazione reale spaventosa, causata dalla malaccorta conversione della lira nell'euro, il crollo delle due torri, una guerra ormai decennale in Afghanistan, un bagno di sangue in Iraq, gli attentati a Madrid e a Londra, la Russia fare passi indietro, trasformandosi in uno stato-mafia, il galoppare furioso della Cina e dell'India, lo scoppio della bolla immobiliare, un crollo mondiale delle borse, il fallimento delle banche e delle assicurazioni, la peggiore recessione mondiale dopo quella del 1929, manovre sanguinose per risanare i conti di diversi paesi europei. Questi bamboccioni hanno visto i sessantenni e i settantennti occupare saldamente ogni posizione di responsabilità e di potere: gli stessi personaggi che in nome della rivoluzione buttavano le molotov ed erano iscritti a Lotta Continua, e che ora pontificano di economia e di libero mercato da posizioni che è poco dire conservatrici. Non c'è che dire: nonostante quello che ne pensa Mario Monti, non si tratta di bamboccioni, ma di una generazione che verrà ricordata per essere stata la prima, dai tempi della Morte Nera, nel '300, a godere di minori prospettive di sviluppo di quelle precedenti.

In Italia, il posizionamento di ognuno all'interno della società era sempre stato regolato, più che da merito e iniziativa personale, dall'appartenenza a opportune consorterie e da liturgie legate ad anzianità. Un tempo aspettavi il tuo turno nella fila, e se pazientavi abbastanza, prima o poi la tua occasione sarebbe arrivata. Ciò era stato permesso dall'allargamento dello stato sociale a debito (quindi pesando sulle generazioni successive), e da prospettive economiche mondiali sostanzialmente in crescita. A ciò si accompagnava una ideologia diffusa ma non esplicita, propagata da televisioni e giornali, di giovanilismo paternalista: che sembra un ossimoro, ma esprimeva il fatto che i giovani dovessero semplicemente consumare e divertirsi, in compagnia di adulti atteggiati a giovani, e che poco si dovessero occupare delle resonsabilità. I giovani come consumatori e non come molla di novità e lievito della società, sostanzialmente inattivati e tenuti a bada, affinchè non sgomitassero, nelle aziene come nella politica.
Oggi, sono venuti al pettine alcuni nodi: la crescita ulteriore è inibita dalla concorrenza delle economie emergenti, la cui demografia è a dir poco esplosiva, e lo stato sociale, gli anziani, i malati, sono diventati troppo numerosi rispetto alla capacità di sostenerli da parte dei giovani che lavorano effettivamente, troppo poco numerosi in Italia, oggi. I giovani non lavorano, o non lavorano abbastanza, o non sono pagati a sufficienza. Lo stato sociale dovrà essere ridotto, e già si sa che i giovni di oggi godranno di pensioni da fame nel futuro. L'acquisto della casa verrà rimandato, come spesso il matrimonio, o la formazione di una famiglia con figli. Come dicevo, si tratta di una generazione che gode di minori prospettive di sviluppo rispetto a quelle delle generazioni precedenti. Non è un paese per giovani.

La seconda osservazione è che, appunto nati e allevati in una cultura essenzialmente televisiva, dove l'uomo nuovo è disceso di un gradino lungo la scala dello sviluppo umano, regredendo dal rango di cittadino a quello di utente, di telespettatore, di consumatore, avvcinandosi di nuovo al punto che separava l'essere umano dalla scimmie, questi giovani non hanno idea di cosa cambiare. Hanno sostanzialmente già tutto. Tutto ciò che serve per riempire la pancia, per coprire il corpo, per fare sesso. Sono saturi, non immaginano nuovi diritti. Non sarebbero caspaci di fare il '68, perchè non saprebbero cosa combattere della vecchia società, visto che ne hanno assimilato in profondità i vizi e i vezzi. Sono uguali ai padri. Anzi, i padri sono più piratescamente simpatici.

Così, da quel che ho scritto, rileggendomi mi appare finalmente chiaro il significato delle proteste recenti. Questi studenti non stano facendo alcuna scelta "progressiva". Non fanno il '68, non tentano in alcun modo di cambiare le cose. Ciò che li ha spaventti, che ha inculcato in loro una paura quasi animale, di quella che te ne accorgi dall'odore, è il pensiero che il loro mondo materiale, fatto di cose, di abitudini consolidate, di comodità, di sicurezze sociali ed economiche, si sta erodendo. Sono come quegli orsi bianchi bloccati su una zattera di ghiaccio alla deriva per colpa del riscaldamento globale, e che lentamente si consuma. Si accontenterebbero di non godere di minori diritti e opportunità di coloro che li hanno preceduti, ma vedono che nessuna posizione riesce ad essere mantanuta: una volta, è un colpo alle pensioni future, un'altra è un colpo alle borse di studio universitarie o un aumento delle tasse, un'altra ancora è l'aumento della disoccupazione giovanile.

Per questo, mi pare di potere prevedere, stanti le cose, un aumento della turbolenza. Se ne sono viste delle avvisaglie, in altri paesi, come per esempio l'occupazione della sede del Partito Conservatore inglese, dopo la decisione di triplicare le tasse di accesso all'università. Le turbolenze certamente aumenteranno. Ed in Italia saranno ancora più forti, dato che l'ideologia berlusconiana sta tramontando, non con un lento degradarsi per essere sostituita da qualcos'altro, ma con un tonfo che precipiterà molti sotto le macerie, morali, materiali e, credo, giudiziarie. Sono convinto, anzi auspico, che i giovani, come un branco di cani che è affamato, dopo che per anni era stato trattato artificialmente bene, morderà la mano di chi li aveva allevati.

02 dicembre 2010

La recensione: Caramelle Golia Activ Extra Forte

Che poi sarebbero quelle della pubblicità del lottatore che piange. Aspettandomi chissà che, le ho messe in bocca con una certa circospezione. Delusione: stanno ancora diverse lunghezze sotto le peggiori Fischerman's Friends.