26 marzo 2011

Si può essere contemporaneamente napoletani e normali?

Cercando tutt'altro, mi sono imbattuto in un intelligente post di un giovane laureato napoletano che, confrontandosi con il resto dell'umanità, scopre di essere tutto sommato nella media, rifiutando pertanto di lasciarsi attribuire un carattere di specialità (la "napoletanità", nel bene o nel male), per il solo fatto di essere nato a Napoli. In particolare, in nome della sua normalità, questo giovane rifiuta decisamente ogni tipo di associazione che tra lui può essere fatta e cose come "camorra", "spaccio", "munnezza", "maleducazione", "sporcizia", "rumore", "mancanza di voglia di lavorare".

Per la lettura dell'intero post, non troppo corretto dal punto di vista stilistico e grammaticale, ma scritto con notevole brio, rimando al link. Qui, mi fa piacere trascriverne una citazione ironica che sembra essere tratta di peso da un ragionamento leggero alla Troisi:
"[...] l'evidente falsità del luogo comune del "napoletano che non vuole lavorare. A dire il vero lavorare è una cosa normale che riguarda tutti nel mondo. Non ho mai sentito un cinese,un francese,un turco,uno svizzero,un africano vantarsi del fatto che lavorano. Alcuni padani invece lo fanno,come se si trattasse di qualcosa di straordinario,saranno forse questi padani quelli che in realtà non vogliono lavorare e perciò lo considerano qualcosa di eccezionale?"
Delizioso.

Invettive

L'insulto è un'espressione degradante, violenta, volgare, dettata dal desiderio di offendere, di prendere in giro, di reagire con rabbia con una frase che sia un pugno nello stomaco: in questo senso, l'insulto ha poco cervello e, anche se fantasioso, scarsa dotazione intellettuale. Al contrario, l'invettiva è una figura retorica di antiche origini, ampiamente esplorata nella letteratura sia classica che posteriore, mediante la quale l'animo nobile può trovare sfogo alla propria indignazione, puntare il dito contro una situazione o una persona ritenute nefaste, sottolineare una tara spirituale nell'avversario. L'altro giorno, sotto la doccia, mi sono trovato a riconsiderare tutta una serie di gustose espressioni della mia lingua natale che, pur apparendo semplici insulti, sono in realtà invettive che racchiudono un universo di valori morali. Eccone un campionario: se me ne scordo qualcuna fatemi sapere, inviandomi le vostre.

Auguri di morte prematura
- Puozza sculà
- Puozza passà p'a Loggia 'e Genova
- Accirt'
- 'Mpiccate

Auguri di impoverimento o malattia
- Puozz'ji cercanno a carità
- Puozz'arrubbà
- Ma va'arruobb'
- Accattatenne tutte medicine (detto con riferimento al denaro di chi ha realizzato un ingiusto guadagno)
- Puozza passà nu guaio niro
- Puozza passà niente
- Puozza passà nu guaio arò nun coce 'o sole
- T'hanna magnà 'e cane

Sottolineatura di una tara morale con riferimento a genealogie incerte e storicamente lontane
- O'sanghe 'e chi t'è muorto
- O'sanghe 'e chi t'è stramuorto
- O'sanghe 'de muorte 'de meglio muorte 'e chi t'è stramuorto
- Chi t'è muorto
- Chi t'è stramuorto
- A'sfaccimm'e chi t'è muorto
- A'sfaccimm'e chi t'è stramuorto

Sottolineatura di una tara morale che colpisce l'intera famiglia, con particolare riferimento a sessualità deviate
- Curnut'
- Scurnacchiato
- Zoccola
- Va fa'mmocc'a mammeta
- Va fa'mmocc'a chella cessa e mammeta
- Va fa'mmocc'a soreta
- Va fa'mmocc'a zieta
- Va fa'mmocc'a chi t'è muorto
- Va fa'mmocc'a chi t'è stramuorto
- Va fa'ind'a fessa 'e mammeta
- Va fa'ngul'a pateto
- Va fa'ngul'a mammeta
- Va fa'ngul'a soreta
- Mammeta se chiav'e tori
- Ma va'pigli'o 'ngul
- Omm'e merda (in quanto ha rapporti sessuali attivi con prostituti di sesso maschile)

Riferimento a mercimoni dei membri femminili della famiglia
- Mammeta è na zoccola
- Pateto è nu'curnuto
- 'A bucchina 'e mammeta
- 'A bucchina 'e soreta
- Chella fessarotta 'e mammeta
- Chella cularotta 'mammeta
- Lummera

Riferimento all'indeguatezza pratica o morale dell'avversario
- Si' 'na chiaveca
- Merdajuolo
- Stuppolo
- Stuppolo 'e cesso
- Stuppagliuso
- Bucchinaro
- Cesso
- Scarda 'e cesso
- Pruvase
- Vajassa
- Lota
- Lutamma
- Munnezz'
- Haje cacat' 'o cazzo
- Cacacazz'
- Haje rutt' 'o cazzo
- Rompacazz'
- Scassacazz'
- Me pare 'o frat'ro cazz'
- Me pare 'a sora 'ra fessa
- Me pare 'o conte Merda
- Me pare 'na statua 'e merda gelata
- Si'parle co'muro, 'o muro te risponne
- Omm'e sfaccimm'
- Sfaccimmus'
- Omm'e niente
- Mannaggia 'a mammeta ca te facette
- Pereta
- Perucchiuso
- Zengara
- Samenta
- 'Nzallanuto

25 marzo 2011

Un eroe senza strade né piazze

Oggi, sappiamo che, dopo un'ondata di proteste da parte della società civile in Siria, il presidente Assad ha promesso delle riforme. In un primo momento, il regime ha tentato di reprimere violentemente le manifestazioni. Ma qualcuno si è rifiutato di sparare sui civili, e per questo ha pagato di persona.
"Alcuni uomini dell'intelligence siriana avrebbero ucciso, con tre colpi di pistola, Kahled al-Masri, un giovane soldato che ieri si è rifiutato di prendere parte all'assalto contro la  moschea di Omari a Daraa. Lo riferisce la pagina facebook dell'opposizione siriana, 'The Syrian revolution 2011' spiegando che il corpo del giovane è stato consegnato oggi alla sua famiglia che abita a Talkalkh, vicino a Homs nella Siria Centrale."

Con questo post, mi piacerebbe ricordare questo eroe, senza strade né piazze.

(Se di recente avete udito di polemiche circa l'intiotolazione di strade e piazze in Italia, traetene le debite conseguenze)

20 marzo 2011

Economia di guerra

Mia madre è già entata in modalità "economia di guerra" (anche se il caffè che ieri mi ha offerto non era surrogato).

18 marzo 2011

Un racconto di Calvino

L'operaio Arturo Massolari faceva il turno della notte, quello che finisce alle sei. Per rincasare aveva un lungo tragitto, che compiva in bicicletta nella bella stagione, in tram nei mesi piovosi e invernali. Arrivava a casa tra le sei e tre quarti e le sette, e cioè alle volte un pò prima alle volte un pò dopo che suonasse la sveglia della moglie, Elide. [...] A quell'ora la casa era sempre poco scaldata, ma Elide s'era tutta spogliata, un pò rabbrividendo, e si lavava, nello stanzino del bagno. Dietro veniva lui, con più calma, si spogliava e si lavava anche lui, lentamente, si toglieva di dosso la polvere e l'unto dell'officina. [...] Elide era pronta, infilava il cappotto nel corridoio, si davano un bacio, apriva la porta e già la si sentiva correre giù per le scale. [...] Il letto era come l'aveva lasciato Elide alzandosi, ma dalla parte sua, di Arturo, era quasi intatto, come fosse stato rifatto allora. Lui si coricava dalla propria parte, per bene, ma dopo allungva una gamba in là dove era rimasto il calore di sua moglie, poi ci allungava l'altra gamba, e così a poco a poco si spostava tutto dalla parte di Elide, in quella nicchia di tepore che conservava ancora la forma del corpo di lei, e affondava il viso nel suo guanciale, nel suo profumo, e s'addormentava. [...] Quando Elide tornava, alla sera, Arturo già da un pò girava per le stanze: aveva acceso la stufa, messo qualcosa a cuocere. [...] Apparecchiata tavola, messa tutta la roba pronta a portata di mano per non doversi più alzare, allora c'era il momento dello struggimento che li pigliava tutti e due d'avere così poco tempo per stare insieme, e quasi non riuscivano a portarsi il cucchiaio alla bocca, dalla voglia che avevano di star lì a tenersi per mano. Ma non era ancora passato tutto il caffè e già lui era dietro la bicicletta a vedere se ogni cosa era in ordine. S'abbracciavano. Arturo sembrava che solo allora capisse com'era morbida e tiepida la sua sposa. Ma si caricava sulla spalla la canna della bici e scendeva attento le scale. Elide lavava i piatti, riguardava la casa da cima a fondo, le cose che aveva fatto il marito, scuotendo il capo. Ora lui correva le strade buie, tra i radi fanali, forse era già dopo il gasometro. Elide andava a letto, spegneva la luce. Dalla propria parte, coricata, strisciava un piede verso il posto di suo marito, per cercare il calore di lui, ma ogni volta s'accorgeva che dove dormiva lei era più caldo, segno che anche Arturo aveva dormito lì, e ne provava una grande tenerezza.

L'avventura di due sposi, Gli amori difficili, Italo Calvino, Mondadori.

12 marzo 2011

Più cultura della vergogna

Abbiamo tutti davanti agli occhi le immagini che in queste ore provengono dal Giappone: morte, acqua, fango, fuoco, pericolo radioattivo e, più stupefacente di ogni cosa, file di persone che, seguendo le regole imparate durante le esercitazioni e ripassate sui manuali per le emergenze, si fanno quiete largo tra le distruzioni , col loro obbligatorio casco antinfortunistico, raggiungendo le piazzole di ricovero, e automobilisti in coda educati, calma surreale, contegno dignitoso, e poi nessuna di quelle scene di iperspettacolare espressione delle proprie emozioni che caratterizza avvenimenti simili in posti come l'Italia. Un comunitario rispetto delle regole che ai nostri occhi, specie in situazioni di emergenza, assume aspetti irreali.
Questo comportamento, ligio alle regole, è stato descritto parlando di cultura della vergogna e dell'onore: l'appartenenza alla comunità si esprime cercando di soddisfare le attese degli altri, il mancato rispetto delle regole è sanzionato dalla vergogna prima ancora che da una pena, e l'onore coincide non certo con la mancanza di corna sulla testa, ma come effettiva traduzione in azioni quotidiane di ciò che la comunità si aspetta. Ed è proprio quellla stessa cultura, sanguinosa e bellissima, degli eroi omerici, per i quali più che la stima di sè e delle azioni eroiche compiute, è il riconoscimento di tali azioni da parte della comunità dei propri pari a costituire l'onore.

Niente vergogna, ma solo svergognati, in quest'epoca e nel paese che oggi abitiamo. Nessuna sanzione comunitaria, per persone che hanno le facce esattamente come il culo. Che rubano ciò che è di tutti, che imbrogliano, che applicano le regole agli altri ma non a sé, che mettono le loro puttane in politica, e trasformano i politici in puttane, che parlano di efficienza e premiano il furbo. Quello di cui abbiamo urgente bisogno è un lavacro di vergogna, uno tsunami che travolga un'intera classe dirigente, e che la schiacci sotto il peso di tutte quelle cose che ci avevano promesso di fare, e che invece non hanno fatto.

03 marzo 2011

Le mancate opportunità e le opportunità

Saltare a volo sul treno della storia, non stare seduti sul terrapieno ed adocchiare i vagoni che passano, cogliere l'opportunità. Per esempio di quest'Africa che si libera da gioghi decennali.
Se la guardi così, l'Africa sembra incombere con la sua povertà, la disoccupazione, il fondamentalismo, il suo troppo caldo o troppo freddo, le guerre civili, le guerre etniche, e l'Italia così piccola, schiacciata e quasi piegata contro l'E£uropa. Se vista così...


Eppure in queste settimane, la scintilla con la quale Mohamed, senza più il suo carretto per la vendita della verdura, si è dato fuoco, ha incendiato tutto il Nordafrica: alcuni satrapi sono stati rovesciati, e forse altri li seguiranno presto. E adesso rovescia il tuo modo di vedere.  L'Africa puoi anche guardarla così.


E allora vedi un orizzonte immenso, pieno di risorse e di possibilità di crescita,che si estende davanti a te, non interrotto, per arrivare all'Equatore e andare oltre, verso il sud più profondo, e inoltre vedo una popolazione giovane e desiderosa di essere attiva, partecipare, costruirsi il futuro, e democrazie tutte da inventare. E vedo l'Italia che è un ponte gettato su quel laghetto che è il Mediterraneo. E immagino noi che andiamo e veniamo, e pensiamo in grande, e costruiamo qui e realizziamo lì, e guardiamo con occhi grandi a spazi di cui non si può intuire la fine.