31 dicembre 2012

I nostri Lari

L'ambientazione del presepe popolare napoletano è fissata poeticamente in una atemporalità non astratta ma concreta. Un paesaggio ai limiti del centro abitato, in una zona dove l'intensa urbanizzazione, scale case taverne pozzi il mercato e i relativi mestieri, si mescola con i segni della campagna, la stalla gli attrezzi dei campi e gli animali domestici, e con i segni della natura non ancora intaccata dalla mano dall'uomo, le cascate i monti e gli alberi dai rami ritorti. In maniera apparentemente incongrua, in un eterno presente suggerito dalla fissità dell'ora e delle pose, sul presepe è rappresentato il legame tra la vita interiore nostra e di chi ci ha precdeuto, e personaggi contemporanei coesistono con figurine abbigliate all'antica, vestite come personaggi del '700 e dell'800, in atto di attendere ai loro antichi mestieri. Proprio questo insistere su antichi abiti, e su lavori che non esistono più, sul tempo che non scorre, mescolando ciò che è antico a ciò che è più recente, e che merita di essere ricordato, fa pensare al presepe come a un ritratto di famiglia, a un albero genealogico.
Nell'antica Roma, gli spiriti benevolenti degli antenati erano venerati come Lari, ed erano rappresentati sotto forma di statuine di creta, poste in casa all'interno di un'edicola detta larario. Da lì, i Lari proteggevano la famiglia nei passaggi più delicati della vita, e ad essi si facevano semplici sacrifici in occasione di matrimoni, nascite, partenze. Al termine dei Saturnalia ci si scambiava ogni anno delle figurine di terracotta, dette Sigillaria, rappresentanti proprio i Lari. E questa festa cadeva alla fine di dicembre, vicino al solstizio d'inverno, proprio nello stesso periodo in cui noi prepariamo il presepe.
I personaggi del presepe sono dunque i nostri antenati, i nostri poetici Lari. Non tanto quelli della nostra famiglia stretta, ma i Lari della nostra comunità, che ci accompagnano nel momento di passaggio che segna il punto più basso nella traiettoria annuale del sole, e il periodo più buio e carico di attese dell'anno.


28 dicembre 2012

L'eleganza del riccio


Mio fratello abita in un vecchio palazzo vicino alla stazione dei treni. Antica zona operaia, e di piccoli e numerosi negozi di quartiere. Ad un'estremità dell'area c'è la grande officina che venne difesa armi in pugno dai lavoratori, quando i nazisti tentarono di farla saltare in aria. Dall'altro lato, una piazzetta per sesso a venti euro alla botta, e poi il corso con il passeggio e i negozi d'abbigliamento della povera gente. Solo di recente la modernità si è insinuata nella strada di mio fratello usando come avamposto un piccolo supermercato, che ora occupa i locali di quello che fu un cinema, e un ristorante cinese. Un tempo, d'inverno, lungo la strada vendevano le caldarroste: mio padre, insieme a mio zio, se ne riempiva le tasche, e poi nelle tasche ci infilava le mani, perchè entrambi non avevano abbastanza soldi per comprare i guanti. Mentre fuori dei bassi le vecchine, per arrotondare, mettevano dei pentoloni nei quali cuocevano continuamente spaghetti che servivano senza condimento agli operai durante lo spacco, solo acqua sale e pasta.
Nell'androne del palazzo di mio fratello, mai ridipinto, cupo e fuligginoso, c'è la rampa che sale al pianerottolo di riposo, e poi quella che monta al piano superiore. Sotto quest'ultima, la portineria: una specie di sgabuzzino, con la porta a vetri nella cornice di legno, vecchie tendine e uno scuro per darsi un pò d'intimità. Dalla porta a vetri si intuisce, anche se a malapena, che la portineria in realtà è un cucinino, con i piccoli pensili in formica, il tavolo che occupa quasi tutto l'ambiente, il fornello alimentato da una bombola a gas, il calendario gentilmente offerto dal ristorante cinese appeso alla parete, la piattaia a vista sul lavello, il soffitto inclinato che segue il profilo della rampa. E dietro il vetro, la portinaia, piccola e grassa, dai grigi spessi capelli scorbuticamente piegati nelle più diverse direzioni.
Tutte le volte che entro la ritrovo eroicamente fissata nella medesima posizione: seduta al tavolo, ha fatto una stesa con una dozzina di carte napoletane, ingobbate e appesantite dal continuo sfregare con le dita, ed esegue un solitario sotto la luce giallognola del suo cucinino-portineria. Sono arrivato a chiedermi se sia io a rivivere sempre la stessa scena, come un film di un pò di tempo fa, oppure se lei passi davvero tutto il suo tempo così, e magari la stessa partita sia in corso da anni. Il portone ha la porticina di servizio, che è quella usata ordinariamente, per cui nell'entrare ci si deve un pò piegare e abbassare la testa, e mentre voi passate attraverso il piccolo vano già percepite in qualche modo che dietro la porta a vetri la sua attenzione si è destata, e potete quasi immaginare il grugnito che deve avere eseguito sollevando la testa per guardarvi. Ma, forse, sarà l'inchino che ogni volta che attraverso la porticina sono costretto a farle a predisporla bene nei miei confronti, sta di fatto che quando le indico, non le dico, che sto salendo da mio fratello, la sua espressione severa si ammorbidisce, e lei si limita ad accennare a malapena un sorriso che ha una sua ruvida dolcezza, muovendo impercettibilmente la testa per farmi sapere che ha capito, e che posso passare. E io mi sento un pò come in quel libro che parlava di un riccio.

23 dicembre 2012

Presepe popolare napoletano (il mio)








Il teschio sulla colonnina


Lo guardo sempre di sfuggita, ogni volta che passo e c'è quella porta aperta. Ma è solo un attimo: devo camminare oltre e non fermarmi, perchè si tratta pur sempre di una casa, e tu ci puoi giusto buttare uno sguardo distratto, non puoi piantarti lì a osservare. Dalla porta aperta del basso si intravede sullo sfondo uno di quei mobili soggiorno anni '50 con specchiera, di quelli orrendi, dai quali qualche vecchia zia provvidamente faceva sempre saltare fuori una bottiglia di Strega, le caramelle, e i bicchieri del servizio buono. E poi di fianco al mobile i fornelli di una compatta cucina moderna. E le sedie da cucina e l'incerata sul tavolo. Senza ordine, la casa me la studio per pezzi, ogni volta che l'occhio di sfuggita si posa su un nuovo dettaglio. Il gabinetto con la porta a soffietto accanto ai fornelli della cucina. Il televisore appeso a un braccio ancorato nel muro. Un lampadario finto antico. L'unico abitante: un uomo tarchiato e con gli occhiali, con i baffi come Hulk Hogan, in canottiera e bandana tutto l'anno. Un cane che esce ed entra dal basso. Una pianta nel vicolo, immediatamente fuori la porta.
E poi questa testa, proprio sull'ingresso. Una colonnetta di quelle che le nonne tenevano in un angolo della stanza da letto, con sopra la Madonna di Lourdes. E al posto della madonnina, un teschio. Di pietra, a grandezza naturale, rivolto verso il vicolo, che osserva fuori con le sue orbite vuote. E io non so se protegga la casa, o sia utilizzato per trarne auspici, magari con strani diesgni tracciati intorno. A volte penso che, guardando fuori, mi interroghi mentre passo.

04 dicembre 2012

Storiella con morale (nascosta)

Mezzanotte. All'improvviso, durante il pranzo a corte.

(Inseguendola per le scale del palazzo) - Cenerentola... Cenerentola! Cenerèèèè... la scarpetta!
(Saluta fuggendo) - Principe, che v'aggia dì.... fatevela alla salute mia!

02 dicembre 2012

Un tuffatore

Fu ritrovata il 3 giugno del 1968, in una località detta Tempa del Prete, nei pressi di Paestum. Tempa, parola locale che non significa solo mezza collina, ma che richiama un terreno sufficientemente articolato ed impervio da farti dire che lì è terminata ogni estrema propaggine delle piccole realtà urbane del Cilento di lingua greca, ed inizia qualcosa d'altro. Un luogo di confine. Dov'è giusto che siano i morti: non così vicini, da impicciarsi degli affari dei vivi, non così lontani da non potere essere rcordati, onorati, e magari potere partecipare almeno con l'incoraggiamento e il ricordo delle loro imprese alla difesa dai nemici esterni. Tempe piene di sole, torride d'estate, immerse nel canto delle cicale che impazzite si sfiniscono, e tenebrose d'inverno, con fiumi d'acqua che le percorrono e le scavano in profondi solchi. Terre percorse da etruschi, greci, lucani. Contese. Terre di mezzo.


La tomba del tuffatore è una tomba a cassa, che sulle quattro pareti verticali porta degli affreschi rappresentanti scene di convivio. Sui triclini, adagiati su morbidi cuscini, uomini che si amano, eraste ed eromene, che bevono fino all'ubriachezza, la testa ciondolante all'indietro, che suonano la lira o i flauti doppi, o che giocano a kottabos. Tutto ciò che si può desiderare dalla vita bella, dagli amici, dagli amanti, dal cibo e dal bere. E poi, scene che girano tutt'attorno in un contesto realistico e arredato, i calici appoggiati su tavolini bassi accanto ai triclini, giovani servitori pronti ad attingere da un grosso cratere, un amico atleta che si attarda, al ritorno dall'allenamento, e che ultimo si aggiunge al convivio. Tutto ciò che forse si è avuto, e che si sta per abbandonare. L'ultimo sguardo alla vita che è stata, non come rimpianto, ma come volersene riempire gli occhi, per sempre. Per poterla salutare fino in fondo.


Ma è la lastra di copertura che ti sorprende, e che segna una cesura rispetto a quell'altra narrazione. Essa reca l'affresco che ritrae un giovane che si tuffa nell'ondulato mare, in una cornice di foglie d'acanto. Dietro di lui, un podio, quasi un trampolino, alto, in cima al quale forse è stato difficile arrivare. Forse le colonne d'Ercole, limite di tutto ciò che si sa. Tutt'attorno un'atmosfera rarefatta, stilizzata, sottolineata da fiabeschi alberi immobili nella luce abbagliante. E poi il tuffatore, nudo, con un'espressione serena, che testa in avanti compie il salto.
L'ultimo tuffo, con fiducia, nelll'ignoto. Di là dello specchio d'acqua, al di sotto del quale non si può vedere, nessuno sa cosa ci sia.


Qual è il più moderno?

Elmo apulo-corinzio, V. sec. a.C., Montescaglioso (MT)

Sant'Elmo, Mimmo Paladino, XX sec. d.C., Napoli.




23 novembre 2012

Maya vs Israele: 0 a 1

Alla fermata della metropolitana salgono un padre e una figlia e si siedono giusto di fronte a me, continuando una discussione iniziata fuori dalla metropolitana. Ne sono incuriosito, quando sento la parola "maya". Lui spiega alla figlia che già si sente nell'aria qualcosa, una certa vibrazione, ora che il fatidico 21 dicembre 2012 è vicino, e che probabilmente ci sarà un grande cambiamento. Lei parla di clima, e riscaldamento globale. Anche se poi lui ha sentito da un giornalista alla TV che forse i Maya sbagliavano, perchè il 2112 dovrebbe essere ancora più interessante, data la simmetria della data. Lei annuisce convinta.
Io non ce la faccio più. Mi sporgo in avanti e dico: - Per il calendario ebraico siamo quasi al 5800, e il 2012 è passato da quasi 4000 anni. Per cui, sentite a me, pensate alla salute e state sereni.
Sorrido, e mi alzo per scendere alla mia fermata. E loro mi guardano come se io fossi pazzo. Io.

17 novembre 2012

Questi ragazzi così puri




I ragazzi che ho visto in strada sono puri, perchè le loro motivazioni sono pure. Quello che mi ha davvero colpito delle proteste di questi giorni è che non si tratta del disagio esistenziale di alcuni, tutto personale, che si è contaminato con un certo spirito dei tempi o con culture accademiche, verbalmente violente per la troppa considerazione di sè: io non vedo in giro cattivi maestri.
Nè si è trattato dell'eccesso di testosterone di gente annoiata, che si è incrociato con culture politiche neanche tanto marginali: ambienti abitualmente maneschi, contestatori, hooligans dentro e fuori movimenti più o meno organizzati. Non ho visto niente di tutto questo nelle proteste di questi giorni, perchè le motivazioni dei ragazzi mi sono sembrate più pure, quasi elementari.
I ragazzi protestano, e protesteranno sempre di più nei prossimi mesi, perchè non stanno bene. Innegabilmente, non vivono più bene. E non si tratta solo di conservazione. Certo, in un certo qual modo questi ragazzi protestano anche per la conservazione, perchè magari vedono lo stato sociale ridursi, con la sottrazione di ciò di cui hanno goduto fino a poco fa non solo i genitori, ma anche i fratelli più grandi. Vedono un sistema del lavoro inselvatichito, brutale, con paghe bassissime e orari infiniti, fatto di contratti atipici, con sempre meno garanzie. Vedono meno professori a scuola, meno infermieri al servizio dei malati a casa, meno trasporto pubblico. E protestano, anche per conservare quel poco che di tutto ciò è rimasto.
Ma quel che è davvero importante, ciò che li induce a una rabbia vera, senza allegria, quella che magari caratterizzava le contestazioni di una volta, è il vedere restringersi davanti a sé il numero delle strade possibili, delle opzioni di vita. Sanno che dovranno lavorare di più per ricevere di meno, mantenendo un esercito di pensionati, a volte con pensioni congrue. Sanno che avranno più difficilmente accesso al mercato del credito.
Sanno, perchè ne hanno sentito parlare, che un tempo studiare consentiva di fare un passo avanti e di provare a salire qualche piano della società sfruttando l'ascensore sociale: oggi laurearsi non consente ad un ragazzo di guadagnare più del padre operaio. Sanno che un tempo fare impresa poteva significare assumere, ingrandirsi in un orizzonte conomico in espansione, mentre oggi si apre una partita IVA per lavorare per un unico cliente, che in realtà è il datore di lavoro occulto.
Sanno che collettivamente, in quanto generazione, sono stati abbandonati da adulti che non li educano più, che non parlano loro, che non insegnano un mestiere o semplicemente l'arte di crescere. Sanno che il passaggio del testimone da una fase all'altra della storia è stato lasciato in sospeso da uomini e donne, quelli che avevano venti anni all'alba degli anni '70, che non vogliono invecchiare, che vogliono conservarsi in eterno, che vogliono avere fidanzate giovani, che vogliono mantenere le leve del comando anche se hanno minori energie, minori idee e più ristrette, che non sono più capaci di sacrificio di sè. Sentono, i ragazzi, che si è sostanzialmente smarrita l'idea di progresso, l'idea stessa dell'amore verso chi viene dopo in linea temporale, che un tempo nutriva una società in espansione, che cercava di produrre di più, di fare cose più grandi, più veloci, che coinvolgessero più persone, convogliando l'esperienza da una generazione all'altra. In una parola, i ragazzi protestano perchè quel che della società è stata smarrita è l'anima, la capacità di immaginarsi domani.
Il grido di questi ragazzi è appunto il dolore dell'anima che viene strappata via dai corpi. Perchè l'anima non è la capacità di essere sentimentali o di provare sensazioni, ma è il coraggio di progettare il futuro, e di accompagnare per mano una generazione in questo futuro. E questi ragazzi, così puri, così elementari nella loro richiesta di essere amati collettivamente in quanto giovani, è contro il loro abbandono in un domani oscuro, nebuloso, che oggi urlano prendendo le botte dai poliziotti.

24 ottobre 2012

Circa la condanna degli esperti della Commissione Grandi Rischi

La frase della Commissione Grandi Rischi "è tutto normale", rende efficacemente conto del fatto che solo 5 sciami sismici su 100 danno luogo a un forte terremoto: guarda caso, il limite del 5% è proprio il limite usualmente usato nella letteratura scientifica in ogni possibile contesto per sceverare ciò che è normale da ciò che non lo è. Quindi la situazione si poteva definire, nei limiti delle conoscenze disponibili, normale, con riferimento alla posssibilità che potesse avvenire il BIG-ONE.

L'evacuazione di una città (anche piccola o media) comporta svuotare gli ospedali di malati gravi e gravissimi per spostarli altrove, e ricoverare in maniera arrangiata (Berlusconi lo chiamò campeggio) anziani e bambini: tutto ciò comporta sicurissimi danni alla salute di alcune fasce deboli a fronte di incerti vantaggi. Si moltiplichi questo danno alla salute per tutte le volte in cui il giochetto avviene inutilmente (e cioè 19 volte su 20), e si capirà quali siano i rischi di ingenerare falsi allarmi anche solo in maniera preventiva. E fosse solo questo.

Il punto è che la probabilità del 5% che a uno sciame sismico segua una scossa forte significa che esiste la probabilità del 60% che possano esserci 10 sciami sismici consecutivi senza che alcuno di essi sia seguito da una forte scossa. Ciò equivale a dire che, se si evacuassero 100000 persone ogni volta che avviene uno
sciame sismico, la probabilità di evacuare 10 volte CONSECUTIVE queste 100000 persone in maniera del tutto inutile è del 60%.
E' molto probabile che davanti a falsi allarmi ripetuti in Italia (svuotare una città ogni volta che avviene uno sciame sismico, con tutti i disagi relativi), le popolazioni comincerebbero ad abituarsi a questo "al lupo al lupo", pensando (a ragione) che tali grandi manovre siano inutili. Ottenendo il bellissimo risultato di rendere le popolazioni inerti e meno collaborative, magari in presenza di pericoli più certi (penso ad esempio al rischio vulcanico nell'area napoletana). Così magari si evitano 300 morti in una località, una volta, per poi farne un cinquecentomila in un'altra solo per il continuo succedersi dei falsi allarmi. L'ho scritto per quei fessi che pretendono che la Commissione Grandi Rischi desse il consiglio di evacuare (decisione che comunque avrebbe dovuto prendere la Protezione Civile, cioè l'organo politico).

A L'Aquila le morti sono state senza eccezione alcuna provocate da una edilizia che non sarebbe difficile definire scadente e di scarsa qualità, anche in assenza di terremoti (si veda il caso della Casa dello Studente, o le numerose palazzine moderne su pilotis, senza elementi di tamponatura che assorbono energia durante il sisma). Dato che il parere scientifico della Commissione Grandi Rischi (la situazione è nell'ambito delle conoscenze attuali "normale", con riferimento alla possibilità che avvenga un forte terremoto)  mi pare comunicato in maniera ineccepibile, il problema si sposta sulla Protezione Civile: durante uno sciame sismico, non è bene come misura di routine che gli ingegneri civili facciano uno screening di alcuni edifici critici? Una semplice azione preventiva come questa, che non ha niente a che fare con l'evacuazione di intere città, avrebbe individuato le criticità (appunto, la Casa dello Studente) e avrebbe evitato numerosissime morti.  Ma è quanto evidentemente la Protezione Civile, i Vigili del Fuoco, il Genio Civile eccetera pare non fecero.

Per altro, questi controlli di routine (un atto dovuto in presenza di uno sciame sismico, che per definizione sta danneggiando un pò alla volta e progressivamente gli edifici), non avrebbero avuto bisogno di alcun avallo da parte dei sismologi, ricadendo nelle normali e dovute competenze della Protezione Civile. Controlli che ci sarebbero dovuti essere anche se i sismologi avessero dichiarato "è sceso l'angioletto dal cielo e mi ha detto che lo sciame cessa oggi alle 18:35").

A mio parere la condanna è stata ingiusta, e i condannati sono chiaramente martiri dell'oscurantismo nel paese che già si distinse per la condanna a Galileo. Riconosco che il giudizio non è, almeno a chiacchiere, contro la scienza. Ma senz'altro è contro il metodo scientifico, e l'uso, nella scienza e nell'analisi del rischio, di probabilità e ragionamenti articolati, che mal si adattano alla richiesta da parte della società (giudici compresi) di concetti che possano essere comunicati in ascensore nel viaggio tra un piano e l'altro.

17 ottobre 2012

Diario di bordo universitario

 
Diario di bordo del 17 ottobre 2012.
Le perturbazioni atmosferiche hanno reso nei giorni scorsi difficoltosa la nostra navigazione a vista, tra ondate di circolari ministeriali e banchi di studenti che cercano dove spiaggarsi: ogni tanto ne peschiamo uno e lo mangiamo per la fame. E' il tredicesimo giorno senza carta igienica all'università, e alcuni ammutinati hanno paventato la possibilità di utilizzare alla bisogna gli inutili comunicati di ANVUR (agenzia nazionale di valutazione di università e ricerca). Le preoccupazioni del medico di bordo per i primi sintomi di scorbuto dovuti alla scarsa alimentazione, dopo l'annullamento dei già esigui buoni pasto, sono state spazzate via dalle più fosche previsioni relative al forzato inutilizzo delle latrine. Non vediamo ancora terra, ancorchè promessa o anche solo velatamente vagheggiata come cauta possibilità. Che Dio ci protegga.

13 ottobre 2012

Il libro che ho appena letto


"Forse noi, dico la Terra, Cassiopea, Alpha Tauri, quella stella cadente, tutti gli altri corpi e astri che vedi e non vedi, tutti noi, zodiaci e nature, siamo solo miliardi di calcoli nel rene di un corpacciuto animale, la sua colica senza fine, i quagli petrosi del suo difficoltoso smisurato emuntorio; e galleggiamo così, nell'etere e piscio che gli s'impantana per tutti i meati e lo fa gloriosamente ululare di dolore nel silenzio degli spazi eterni. E' quella che chiamano l'armonia delle sfere. ma in quanto a spostare un pezzo, lui, Dio Mannaro, non saprebbe che pesci pigliare. E' solo una bestia che vuole sgravarsi di noi, e scalcia e si scogliona senza criterio. Un rimedio gli bisoga, uno squasso o un rutto, per mano di un altro, un Ur-Gott, un archiatra più antico e vasto di lui, che ci riduca in tritume di polvere, e lo liberi, finalmente. Ma la tua morte avviene al di fuori di un tale disegno, seppure un disegno esiste che lo concerne..."

Un libro vero, che parla di una generazione perduta, sfrido umano, specchio della nostra. Un incessante dialogo con la Morte, con il convitato di pietra sempre rimosso e dimenticato, e che sempre si presenta all'ora convenuta. Di Gesualdo Bufalino, Diceria dell'untore, Sellerio.

(nell'immagine, il manifesto del film Pietà, di Kim Ki-duk)

12 ottobre 2012

"Ci vorrebbe una guerra"

"Ci vorrebbe una guerra, perchè così capireste cosa significa..."

Seguiva poi, come in quelle poesie combinatorie di Quineau (Cent mille milliards de poèmes), una a scelta tra più possibilità di asserito contenuto etico-educativo. Le occorrenze, tra le quali potere estrarre come un coniglio dal cilindro il preteso insegnamento, apparivano in ordine di preferenza come: la fame, il rispetto per i genitori, risparmiare, l'educazione, il lavoro, ma anche la stessa guerra (in modo da chiudere una elegante tautologia). Ad esempio: "Ci vorrebbe una guerra, perchè così capireste cosa significa la fame". Magari detta con scopo didascalico a un bambino che non voleva mangiare, e usata come arma finale se il pietoso "pensa ai bambini che vorrebbero, ma non hanno da mangiare" non aveva funzionato: insomma, l'augurio dello sterminio dell'umanità come conseguenza per non avere voluto finire un piatto di pasta.
Questa frase, ci vorrebbe una guerra perchè così capireste cosa significa questo o quello, l'avrò sentita miliardi di volte, quando ero ragazzino, ripetuta da anziani parenti, vecchi rincitrulliti alla fermata dell'autobus, fascisti in ciabatte di pelo e con la papalina in testa, o biliosi e cadenti pazienti in prostranti sale d'attesa. Detta e ridetta da una generazione che, nel momento di tirare le cuoia, augurava ai nipoti (di certo non ai figli, ché quelli non si toccano!) di soffrire a scopo educativo.

Poi, crescendo, a un certo punto avevo smesso di sentirla: credevo di essermela cavata. Dietro la pretesa tirata moralista in forma di invettiva jettatoria ho sempre pensato covasse una non nascondibile, perchè cospicua, quantità di invidia di certe nostre libertà. Ma delle segrete motivazioni profonde di questi menagrami in pre-decomposizione non mi è mai interessato, né può interessarmi ora. Mi preme, piuttosto, osservare che infine la "jastemma ci ha cojuto", come diremmo dalle nostre parti, ossia che l'occhio secco lanciato dai nostri antenati è dopo lunghi giri andato a segno. Ed ora questa generazione, la mia, così verbalmente tartassata, viene finalmente spazzata via da una specie di tsunami lungamente invocato dai nonni.

Ci pensavo giusto l'altro giorno, mentre facevo un pò l'appello mentale dei miei amici, delle mie amiche, e di qualche giovane familiare. Ne è venuto fuori, insieme a tanta infelicità e insicurezza, un quadro fatto di contratti atipici, di stipendi in picchiata, di partite IVA con un unico cliente (in realtà il datore di lavoro), di pure e semplici disoccupazioni, di separazioni, di figli non fatti perchè troppo onerosi da mantenere, di stanze in affitto in case condivise con studenti ben più giovani, di ritorni a casa dei genitori perchè non si riesce più a pagare l'affitto nella casa condivisa con gli studenti, in risparmi sulla salute, e poi brevi puntate al nord o all'estero per lavori stagionali, lauree sottoutilizzate, e paghette ricevute ancora a trentacinque anni per arrotondare. Insomma, la guerra che tanto caldamente ci era stata augurata si è materializzata, infine. Ma sotto forma di un lento strangolamento che si è mangiato, e si mangerà, un decennio della vita delle persone che oggi hanno tra i trenta e i quarant'anni


A questo pensavo, l'altro giorno, e mi chiedevo come mai nessuno, nei media, avesse il coraggio di dire le cose come stanno, e cioè che c'è una generazione che sta pagando per tutti, per quelli che verranno e per quelli che sono già venuti. Una generazione che deve ogni giorno guadagnarsi il diritto di rimanere in vita acquistando anche l'aria che respira. Una generazione di guerra, che cederà il posto alla prossima senza avere mai visto da vicino le stanze dei bottoni, le leve del comando, le case di proprietà o le barche a mare, o più banalmente senza avere avuto la possibilità di vivere senza per forza dovere dimostrare di meritarsela, l'esistenza in vita.

La guerra che ci era stata augurata alla fine è scoppiata, e ha anche ottenuto il richiesto tributo di vittime, e di mutilati. A questo pensavo, e mi chiedevo a che punto fosse la notte, se fossimo lontani da un'alba, e se questo processo possa essere almeno rallentano, se non è possibile fermarlo.

10 ottobre 2012

Perle di filosofia

Oggi, come faccio spesso, scartabellavo tra i libri che don Ciro, il mio spacciatore di fiducia (ne ho già parlato qui, ma anche qui), dispone sugli scaffali arrangiati del suo negozio improvvisato (in un luogo della città che ha chiesto di non rendere riconoscibile perchè altrimenti la Finanza si potrebbe interessare a lui). Chissà come, il discorso è caduto sulle elezioni, manco ricordo se si parlasse di primarie del PD o quant'altro.
"Io nun vaco a votà" ha detto. "E poi uno non sa che votare, potrebbe sbagliare." Era filosofico e, a quel che ne so, è uno che non beve, per cui mi sono interessato e l'ho guardato interrogativo. "Mo'vedete per esempio de Magistris, pareva tanto buono...", e invece?, "... e quello ha fatto togliere tutti gli ambulanti da Piazza Garibaldi..." Una pausa per creare in me la giusta suspense: "Se lo votavo potevo sbagliare!" Gli ho fatto capire che il suo ragionamento, in effetti, non faceva una piega.
Quindi, ha concluso, ribadendo la sua funzione storica, che lo ha quasi trasformato in un elemento del territorio o in un pezzo forte dell'arredo urbano: "Io nun vaco a votà. Tanto chi saglie saglie, io sto sempre cca' a vennere libri."

07 ottobre 2012

Il libro che ho appena letto.



"Su, vieni" disse la donna, e lo prese per un braccio. "Su che sei grande, vieni."
Mario avvertì, immensi, i battiti del proprio cuore. Senza volerlo cercò di puntare i piedi in terra.
"No" pensò anche, due e o tre volte, con un desiderio di piangere, e tuttavia non aveva forza per resistere.
S'alzò per uno scatto con se stesso... Gli erano infatti maturate collera e vergogna d'apparire sciocco...
Ma era sempre gelato quando prese posto accanto alla donna. Costei gli si fece vicinissima, il ragazzo ne sentì l'odore.
Un odore strano, di panni vecchi, naftalina sudore rappreso: dava un po' di nausea, eppure s'insinuava con sottile violenza.
"Anche tu: ce n'hai?" mormorò Titina, sfregando indice e pollice tra loro. "Una lira. Come quell'altro."
Mario ansò ancora. Pensò in un lampo: "Non ce n'ho, lo dico. E così potrò andarmene. Vado..."
Ma non riuscì ad aprire la bocca.

Enzo Striano, Giornale di adolescenza, Mondadori

25 settembre 2012

"Perchè i finestrini degli aerei non si possono abbassare?"



Questo cretino è il tizio che si sta candidando a manovrare i codici della valigetta nucleare. Non so se mi spiego.

23 settembre 2012

Questi odori

Quando esco di casa, il primo odore che mi raggiunge è quello dolciastro della merda che si secca sul marciapiede sotto casa, latrina comune di cani liberi, cani al guinzaglio, e barboni troppo disorientati per sapere dove sta un cesso. Misto all'odore di merda, se il vento è quello di mare, mi arriva il salmastro dal fondo del vicolo, che termina nello spechio d'acqua dal quale partono gli aliscafi. Quest'odore mi da gioia, e chiudo il cancello salutando la bella giornata che inizia, perchè è sempre bello quando inizia la mia napoleide con l'odore del mare. Faccio pochi passi e ciaffo con i piedi nell'acqua che la pescheria spande abbondantemente, mentre i lavoranti puliscono i bidoncini, e non faccio niente per evitare le pozzanghere, io adoro camminarci dentro. E qui l'odore di pesce mi raggiunge quatto quatto, e poi mi segue per un bel pò dopo che ho attraversato la strada, e mi ricorda di quanto io ami quell'odore e di quanto poco apprezzi quando quela roba viene cucinata. A questo punto, mi infilo nel vicolo di fronte, buio e stretto tra palazzi troppo alti e troppo antichi, aspirando l'odore di vecchia cantina umida, e salgo delle scalette di piperno, aggrappate ad una murata, quasi immergendomi tra i panni stesi della signora che lì abita al primo piano, e annuso il pulito. E quando emergo al di sopra del muro di sostegno il contrasto mi stona, perchè sulla strada ecco l'odore delle automobili, e delle moto, e degli autobus, e il gas mi entra profondamente dentro. Faccio pochi passi cercando di respirare meno che si può, e supero il bar dal quale esce profumo di caffè, e dato che fa angolo con l'incrocio, e io giro a destra, me lo godo sia lungo una strada che lungo quella successiva, e subito mi fa venire voglia di bermene una tazzina, e sono solo pochi minuti che ho preso quello che ho preparato io a casa. Entro nella vecchia stazione liberty della metropolitana, e c'è l'odore dei detersivi che usano per lavare i pavimenti (ma stanno lì sempre a lavare quando passo io?), del grasso delle scale mobili ormai ferme da mesi, e dei cornetti caldi che il bar espone nella vetrina. Sbuffando, perchè c'è da salire parecchio a piedi, arrivo al piano dei binari, e lì mi arriva il profumo dei fiori e delle piante spontanee che pendono dal terrapieno: se è una bella giornata, mi avvicino ai fiori, e me li guardo, e faccio foto al lampione di ghisa, scassato e mai più aggiustato, che pende dal muro di sostegno. Quando arriva la metro, e ci salgo, mi accoglie la puzza dei piedi, delle ascelle, della plastica dei sediolini, dei cappotti umidi se sta piovendo, dell'odore di chiuso che esce dai bocchettoni dell'impianto del clima, e non riesco mai a concentrarmi del tutto su quello che mi porto da leggere perchè intanto devo separare un odore dall'altro, farlo a fette, e capirne l'origine a occhi chiusi. E in galleria, se ci sono i finestrini abbassati, mi arriva l'odore del ferodo, e della ruggine dei freni, e della plastica di un cavo elettrico che da qualche parte si sta bruciando, minacciando di mandare tutto in corto. Riemerso alla luce, dall'altra parte della città, mi accendo finalmente il sigaro, lo aspiro piano, ne contrasto il sapore con quello del caffè, ne avvicino la corona alle narici, per sentire l'odore del fumo che mi attraversa il cranio con una scossa, e riprendo a camminare tra altre pozzanghere, altra merda, altra erba che secca, altri tubi di scappamento, altri corpi umani che per troppi giorni hanno dormito per strada.
Portatemi bendato da qualche parte, e vi indovinerò dove siamo semplicemente dall'odore. Il Vomero in autunno profuma delle foglie che vengono giù dai platani, e di gelaterie affollatre anche fuori stagione. Fuorigrotta sa degli oli di bitume che cuociono sotto il sole. Piazza dei Martiri profuma di piperno e sanpietrini, che lottano col marmo. Via Roma sa dei profumi zuccherini di ragazze troppo in carne, piuttosto improvvisate come veline. Port'Alba odora di carta che si impolvera, e carta oleata imbrattata di salsa. Via dei Tribunali sa di pizza, e fritti che ti afferrano alla gola, e ti fanno inghiottire saliva. I Quartieri Spagnoli sanno di gas di scarico di motorini, e di panni stesi, e aria fresca che scende da San Martino. L'Arenaccia profuma di cucinato casalingo, il cui odore ti raggiunge scendendo dalle case al primo piano, o direttamente dai bassi al livello della strada. Via Atri sa di colla per il legno, e vecchi mobili che vengono restaurati. Piazza Bellini sa di canne, e dell'odore dolciastro di macchie di umido di birra che asciugano. Via Bausan profuma di texmex, e salsine della cucina brasiliana, e odoridi giardini nascosti dalle parti dell'Ascensione a Chiaia. Il Vasto puzza del sudore dei corpi umani stretti l'uno sull'altro, facchini e neri che si affannano con le loro mercanzie in groppa, spezie orientali e kebab.
Portatemi bendato da qualche parte, e vi dirò dove siamo. Adesso conoscete il mio segreto. Portatemici bendato, e io annuserò l'aria. Non lasciate che io apra gli occhi, e io vi indovinerò dove siamo semplicemente dall'odore di questo corpo. Del corpo che fa uno col mio, e che è la mia dissolutezza.

09 settembre 2012

Cosa leggo stasera?

Ora devo scegliere che leggere.
Io ho letture da cesso, letture da terrazzo, letture da metropolitana e letture da letto.
Al cesso cosine facili come riviste: l'espresso, sette, le scienze, wired, gq. tranne l'internazionale, quello fa molto animale urbano di sinistra, e quindi è buono per la metropolitana.
Sul terrazzo: saggi divulgativi di matematica e fisica, il giornale il sabato e la domenica.
In metropolitana: l'internazionale, come dicevo sopra, e poi libri di analisi numerica, articoli di riviste di ingegneria idraulica, saggi politici e storici, romanzi pesanti (che sottolineo pure).
A letto: saggi di napoletanistica teorica ed applicata, romanzi leggeri (che non sottolineerò, anche perchè è difficile stando sdraiati sulla schiena, e poi tingerei le lenzuola), biografie.

E so già cosa volete sapere. No, non devo andare al cesso.

04 settembre 2012

No concept



Tempo fa mi hanno regalato il disco di Giovanni Allevi: "no concept" (Ricordi, 2005). Dall'immagine che ho usato sopra, volutamente neutra, vi sarà immediatamente chiaro cosa io pensi di questo disco senza infamia e senza lode, e perciò non mi dilungherò a parlarne o a farne una critica.
Da lettore, tuttavia, volevo appuntare la vostra attenzione su alcune frasi, evidentemente di Allevi, che sono stampate sul pieghevole allegato al disco. Si può così leggere:
"Ho coltivato nel mio spirito un giardino di rose;
l'ho nascosto dentro una scorza dura.
Fuori ho messo un cartello per vietare l'ingresso ai cattivi:
NO CONCEPT";
ed inoltre:
"Stiamo tornando nel Rinascimento italiano, dove l'artista deve essere
un pò filosofo, un pò inventore, un pò folle,
deve uscire dalla torre d'avorio e avvicinarsi al sentire comune."

Non ho mai letto niente di così assurdamente pretenzioso da parte di qualcuno che si dedichi alla musica.

01 settembre 2012

Il libro che ho letto...





Le cose alle quali tenevi di più, ti decidi un bel giorno a parlarne sempre meno, devi fare uno sforzo quando ti ci metti. Ne hai le scatole piene di ascoltarti sempre cianciare... Tagli via... Rinunci... E' da trent'anni che stai a cianciare... Non ci tieni più ad avere ragione. Ti molla la voglia di tenerti anche il posticino che t'eri riservato tra i piaceri... Ti viene lo schifo... Basta ormai mangiare un pò, scaldarsi un pò e dormire più che si può sulla via del nulla assoluto. Bisognerebbe per ritrovare degli interessi inventarsi delle nuove smorfie da eseguire davanti agli altri... Ma non hai più la forza di cambiare il repertorio. Farfugli. Cerchi ancora dei trucchi e delle scuse per restare là con loro, gli amici, ma la morte è lì anche lei, fetente, al tuo fianco, tutto il tempo adesso e meno misteriosa d'un mazzo di carte. Ti restano preziose solo le pene minute, quella di non aver trovato il tempo fin che era vivo d'andare a trovare il vecchio zio a Bois-Colombes, con la sua canzoncina che s'è spenta per sempre una sera di febbraio. E' tutto quello che hai conservato della vita. Questo piccolo rimpianto atroce, il resto l'hai più o meno vomitato lungo la strada, con molti sforzi e pena. Non sei altro che un lampione di ricordi all'angolo di una strada dove non passa già quasi più nessuno.


Viaggio al termine della notte, L.-F. Cèline, Corbaccio.

27 agosto 2012

Il pesce ve lo puliamo noi


Servizio di svisceratura del pesce al banco pescheria di un supermercato napoletano. Strepitoso virgolettato.

25 agosto 2012

Uno sceneggiatore

Riposto dal sito di uno buono, Mauro Uzzeo, scrittore, che è anche uno degli sceneggiatori delle Winx (nonchè di videoclip di Subsonica, Jovanotti, Coolio & Snoop Dog, o fumetti come Dylan Dog), due foto. Una è la fantasiosa realizzazione casareccia di un Cristo Velato.


L'altra è una foto scattata sulla Pedamentina San Martino, a Napoli, e ritrae alcuni murales che volevo voi vedeste.




06 giugno 2012

queste bimbe

a casa la figlioletta quattrenne di un amico mi chiede i pezzi degli scacchi. poi mi chiede qual è il re, qual è la regina, e li avvicina perchè si diano un bacetto: le spiego che non funziona così!

27 maggio 2012

Freakonomics

[...] perché anche la sinistra quando va al potere diventa succube dei banchieri? Perché Obama all'inizio del suo primo mandato nominò così tanti consiglieri legati a Wall Street? La risposta di Krugman è fulminante: "Perché danno la sensazione di sapere. Sono davvero impressionanti, quelli di Wall Street: danno a intendere di capirne qualcosa, anche dopo avere distrutto il mondo, o quasi".

Federico Rampini, La formula Krugman per uscire dalla crisi "Insegnanti e welfare contro la depressione", La Repubblica, 26 maggio 2012.

21 maggio 2012

Un'onda di tenerezza.

Due giovani femmenielli, nei lunghi corridoi della metro:
- Ma tu... me vuò spusà a'mme?

Un'onda di tenerezza.

17 maggio 2012

Perchiona

Da una rapida ricerca in rete sembra che perchiona, utilizzato soprattutto in Puglia, nelle espressioni "Sei una perchiona!" o "Che perchiona!", vada modernamente inteso in una varietà di sensi:
- donna che ama indossare abiti attillati
- donna formosa e provocante
- bella ragazza.
Cioè una bellezza un pò sguaiata, se non altro nella maniera di esprimersi di chi fa l'osservazione. Consultando il vocabolario di Raffaele Andreoli (1887), si può apprendere che:
Perchia, sorta di pesce (perca), Pesce persico, e in Tosc. più comunemente Pesce perso. Perchia fu anche dispregiativo di donna, come a dire donnaccia, ciana: onde poi Perchipètola.
e dunque:
Perchipetola, femminetta ciarliera, Pettegola, Donnàccola e àcchera.
Invece Giancola Sitillo, nel suo vocabolario (1888), ci ricorda che:
Perchia-Perca=Essere na perchia, Essere una donna vile e disonesta.
confermando che:
Perchiepetola, Pettegola - Donna vile e disonesta - Donna ciarliera ed irrequieta.

17 maggio: la litania di San Pasquale ad uso delle zitelle




San Pasquale Bailonne
protettore delle donne
mannàteme nu marito
jànche, russe e sapurito,
come a vvuje tale e quale
gloriosissimo San Pascale

e poi, la minaccia finale:

…e si nu mo faje truvà
jie nu Te venghe chiù a prijà.

16 maggio 2012

Crastole

- Ho scheggiato un paio di piatti. Adesso li butto.
- No! Rompili, così facciamo le crastole per la tombola di Natale.

Lotto

Discutere con gli anziani genitori la maniera sicuramente vincente di giocare al lotto i numeri sognati.

15 maggio 2012

...e il libro che sto rileggendo

Le tre sensazioni: fame, desiderio, odio, sono nei bruti soddisfazioni abituali e possiamo dispensarci dal chiamarle piaceri, perché non possono essere che per rapporto all'individuo. L'uomo solo è provvisto di organi perfetti che gli rendono particolare il vero piacere; perché, dotato della sublime facoltà di ragionare, egli lo prevede, lo cerca, lo compone, lo perfeziona e lo estende con la riflessione e il ricordo. Caro lettore, ti prego di non stancarti a seguirmi, perché oggi non sono altro che l'ombra e la reminiscenza del brioso Casanova, mi piace chiacchierare; se tu perdessi la pazienza non saresti cortese o per lo meno condiscendente.
L'uomo si trova precisamente nelle condizioni dei bruti quando si abbandona alle sue tre tendenze senza chiamare in aiuto la ragione e il giudizio; ma quando lo spirito interviene a equilibrare tali tendenze, quelle sensazioni diventano un piacere e un piacere perfetto: sentimento inspiegabile che fa assaporare ciò che si chiama felicità e che noi sentiamo senza poterla descrivere.
L'uomo voluttuoso che ragiona, sdegna la ghiottoneria, respinge con disprezzo la lascivia e la lussuria e quella brutale vendetta che procede da un primo scatto di collera; ma è raffinato e non soddisfa il suo appetito in modo analogo alla natura e ai suoi gusti. Ama, ma non prende diletto della persona amata se non quando ha la certezza di fara partecipe della sua gioia: cosa che può solo avvenire quando vi sia reciprocità d'amore; se riceve un'offesa non trae vendetta che dopo aver combinato a sangue freddo i mezzi più atti a fargliene gustare il piacere. Se qualche volta è crudele, se ne consola, perché agisce col ragionamento: e nella sua vendetta è talvolta così nobile che si vendica perdonando. Queste tre manifestazioni sono opera dell'anima, la quale, per procurarsi il piacere, diventa ministra delle passioni. Qualche volta soffriamo la fame per meglio assaporare le sostanze destinate a soddisfarla; ritardiamo il godimento amoroso per renderlo più vivo, e ritardiamo il momento di una vendetta per renderla più sicura. Ma è pur vero che si muore di un'indigestione, che ci lasciamo spesso ingannare in amore dai sofismi e che l'essere odiato sfugge talvolta alla nostra vendetta; nulla vi è di perfetto in questo mondo, e noi corriamo volentieri questi rischi.

Giacomo Casanova, Storia della mia vita, Cap. XXXIX

14 maggio 2012

Il libro che sto leggendo...

Mi ero sollevato sul letto. Mi prese per la spalla e mi costrinse a coricarmi di nuovo. Poi si stese al mio fianco, posò la testa sul mio cuscino. Cosa? Mi carezzava il viso? Ero davvero in me? Sentivo bene? Pazzerello, mi diceva a bassa voce, sciocchino, sfiorando con le dita il profilo del mio naso, le mie palpebre abbassate, le mie labbra. Sciocchino!
Si sollevò sui gomiti e mi ordinò di guardarlo. Fece allora questa cosa che non potevo prevedere, che non ho saputo ricevere come si deve, che non riesco ancora oggi a spiegarmi, che quella notte mi salvò dalla disperazione, che mi fece piombare in uno stato di ansiosa attesa. Si chinò sul mio viso, sempre più vicino, finchè non vidi i suoi occhi spalancati su di me, quegli stupendi occhi dai riflessi verdi, il suo respiro contro il mio, contro le mie labbra, sentii la sua bocca sulla mia, vi depose un bacio, si depose con un bacio, si appoggiò sulla mia bocca con la sua.

Dominique Fernandez, Porporino o i misteri di Napoli

27 aprile 2012

Il Demone Meridiano

Il primo volume dei Meridiani Mondadori su Calvino. A 4 euro sulla bancarella del mio spacciatore di fiducia.

23 aprile 2012

Imparare

Forsan et haec olim meminisse iuvabit.

Forse persino di questi avvenimenti un giorno la memoria ci sarà gradita. (Virgilio, Eneide, I, 203)

17 aprile 2012

Antiche superstizioni napoletane

Sei stato, in un'altra vita, un napoletano superstizioso se:
- Al termine del pranzo, e se non hai sparecchiato, sollevi un lembo della tovaglia sulla tavola per fare capire all'angelo della mensa che non deve più stare a guardia della salute dei commensali, dicendo che altrimenti "sta l'angelo 'mpeduto".
- Durante i temporali notturni metti un rosario alla finestra, per fare calmare acqua e vento.
- Baci il pane avanzato prima di buttarlo.
- Consigli alle fanciulle desiderose di gravidanza di baciare il pesce di San Raffaele.
- Non spazzi attraverso la porta, buttando l'immondizia e le briciole all'esterno, perchè altrimenti andrebbe a finire negli occhi dell'angelo che sta a guardia della casa.
- Entri nella casa vuota e saluti 'a bella 'mbriana, cioè la fata della casa.
- Hai un corno rosso in tasca.

11 aprile 2012

Come preparare un caffè con la Moka.

Alla preparazione di un caffè con la moka servono pochi passaggi, assolutamente facili da ricordare e da mettere in pratica, ma che richiedono di essere eseguiti scrupolosamente e senza alcuna variante

1) La scelta del caffè al supermercato. A me Illy non piace. Uso marche quali Kimbo (Napoli), Lavazza (Roma), Quarta (Lecce). Il re dei caffè casalinghi sarebbe in realtà Passalacqua (Napoli), a detta dei baristi napoletani il più buon caffè dell'universo (e hanno ragione): venduto a peso d'oro, in genere fuori dalla provincia non lo si trova, ma se mi mandate un bonifico ve ne procuro una scorta.
2) Riempimento del serbatoio. Il serbatoio verrà riempito con acqua di rubinetto calda, e fino alla valvolina laterale. Non più in alto della valvolina, né meno. L'uso di acqua già calda si spiega con la necessità di fare arroventare il meno possibile il metallo in attesa che l'acqua bollente in pressione risalga attraverso il filtro.
3) Riempimento del filtro. Il riempimento del filtro avverrà per strati sovrapposti non pressati. Non esagererete con la quantità di caffè, e non creerete la piramide di Cheope, pronta a franare fuori del filtro: il monticello di caffè sporgerà solo di mezzo centimetro al di sopra del margine di metallo. In caso contrario, l'acqua in pressione avrà difficoltà a a passare attraverso i meati tra i granelli di caffè macinato.
4) La macchinetta sulla fiamma. La fiamma verrà tenuta bassa, a filo di gas, consentendo l'uscita lenta del caffè. Il coperchio della macchinetta verrà tenuto sollevato: il primo vapore che esce è molto amaro, e voi non volete rendere il caffè inutilmente forte, ma ne volete conservare la dolcezza della tostatura (si spera fresca). Se avete paura degli schizzi di caffè sui fornelli puliti da poco allora, dopo avere sollevato il coperchio, poggiate un cucchiaino rovesciato sull'ugello superiore.
5) Il caffè è finalmente uscito! Prendete il cucchiaino, e giratelo direttamente nella macchinetta, anche se non lo zuccherate. E' necessario, perchè il primo caffè che esce è molto carico, e si mescola solo imperfettamente con il caffè successivo: perciò al bisogno dovete provvedere voi.

Per il resto, io vi consiglio di non zuccherarlo: sarebbe come approfittarsi di qualcuno che non si può difendere. Buon caffè.

26 marzo 2012

Una passeggiata in centro

Scena 1

autobus affollato, ragazza straniera con due cani privi di museruola, gente pigiata per ogni dove


prima signora (vestita volgarmente, spingendo): - permesso, permesso!
seconda signora (alterata): - che spingete a fare, ecco, passate, ma vedete un poco, non ci sta più educazione! screanzata!
prima signora (spingendo più avanti, fingendo di non sentire): permesso, permesso...
seconda signora (sedutasi accanto alla ragazza): - ma guardate un poco se io devo viaggiare con due cani vicino alla gamba!
ragazza: - signora, miei cani buoni, mai fatto niente!
seconda signora (alterata): - a me non me ne importa niente se i tuoi cani non hanno mai fatto niente! e se mi mordono, adesso? io come faccio?
ragazza: - miei cani bravi
seconda signora (urlando): - tu non puoi portare i tuoi cani sull'autobus!
terza signora (seduta lontano): - i cani sull'autobus potrebbero stare, siete voi che dovreste scendere
quarta signora: - vero, gli animali sono meglio dei cristiani!
seconda signora: - e poi non tengono manco la museruola!
ragazza: - va bene, ecco, metto museruola!
prima signora: - signò, ma mettetevela voi la museruola alla bocca!
seconda signora (rivolta alla prima signora): - e voi ve la dovreste mettere sotto, la museruola!
quarta signora: - gli animali sono meglio dei cristiani! e certe femmine sono proprio animali!
seconda signora: - tu non puoi salire sull'autobus col cane. voglio vedere se te lo lasciavano fare al paese tuo
ragazza: - ...
seconda signora: - tutti gli stranieri vengono qua e credono di potere fare i porci comodi loro, tutte le cose che al loro paese non si sognerebbero di fare
uomo di colore (alterato): - ma come ti permetti di parlare così di stranieri!
uomo (tenendo l'uomo di colore): calmati, stai calmo, non le dare retta
uomo di colore: - rassista!
seconda signora: - tornatevene al paese vostro!
uomo di colore (urlando, mentre lo tengono): - vaffangulo, rassista!
quarta signora: - gli animali sono meglio dei cristiani! gli animali sono meglio dei cristiani!
tutto l'autobus: - buuh buuh buuh

***

Scena 2

isola pedonale affollata, a ridosso di vicoli che si inerpicano per i quartieri, ragazzo di colore cerca di vendere elicotteri con carica a molle

ragazzo di colore: - vindi euro!
uomo: - ma io in Francia li ho trovati uguali a venti euro! come puoi venderli qua a venti euro!
signora: - vero, come puoi venderli qua a venti!
uomo: - ne vuoi cinque, di euro?
ragazzo di colore: - vindi euro!
uomo: - cinque?
ragazzo di colore: - vindi!
bambino biondo, circa 6 anni: - amico, amico
ragazzo di colore: - ?
bambino biondo, circa 6 anni: - scappa, stanno venendo le guardie
il ragazzo di colore raccoglie la busta con la sua mercanzia e si infila nel vicolo, mentre un'auto della guardia di finanza discende pigramente l'isola pedonale

25 marzo 2012

Cristo si è fermato a Eboli

C'era un gabinetto, senz'acqua naturalmente, ma un vero gabinetto, col sedile di porcellana. Era il solo esistente a Gagliano, e probabilmente non se ne sarebbe trovato un altro a più di cento chilometri tutt'attorno. [...] La mancanza di quel semplice apparecchio, assoluta in tutta la regione, crea naturalmente delle consuetudini che non si sradicano facilmente, che richiamano mille altre cose della vita, e si accompagnano a sentimenti considerati nobilissimi e poetici. Il falegname Lasala, un "americano" intelligente, che era stato, molti anni prima, sindaco di Grassano, e che conservava gelosamene, nel suo monumentale apparecchio radio portato di laggiù, con i dischi di Caruso e dell'arrivo di De Pinedo, quelli di discorsi commemorativi di Matteotti, mi raccontava che, dopo la settimana di lavoro a New York, usava incontrare un gruppo di compaesani, ogni domenica, per una scampagnata. - Eravamo sempre otto o dieci: c'era un dottore, un farmacista, dei commercianti, un cameriere d'albergo, e qualche artigiano. Tutti del nostro paese, ci si conosceva fin da bambini. La vita è triste, tra quei grattacieli, con tutte quelle straordinarie comodità, e gli ascensori, le porte girevoli, la metropolitana, e sempre case e palazzi e strade, e mai un pò di terra. Viene la malinconia. La domenica mattina si saliva in treno, ma bisognava fare dei chilometri, per trovare la campagna! Quando eravamo arrivati in qualche posto solitario, diventavamo tutti allegri come ci si fosse tolto un peso di dosso. E allora, sotto un albero, tutti insieme, ci si calava i pantaloni. Che delizia! Si sentiva l'aria fresca, la natura. Non come quei gabinetti americani, lucidi e tutti eguali. Ci pareva di essere ragazzi, d'essere tornati a Grassnao, si era felici, si rideva, si sentiva l'aria della Patria. E, quando avevamo finito, gridavamo tutti insieme: "Viva l'Italia!". Ci veniva proprio dal cuore.

Carlo Levi, Cristo si è fermato a Eboli.

24 marzo 2012

Caracciolo



Un’anziana donna corre con la bicicletta sulla passeggiata della Caracciolo. Apre le gambe, ridendo, schiva i passanti, e grida “Pista!”.

13 marzo 2012

Minuzie di quando mamma era in ospedale

A un certo punto, quando mia mamma fu operata, arrivò il momento di scegliere una donna, una sorta di badante, che potesse assisterla anche di notte, e mia zia fece il nome di tale Luba. O Ljuba, come si direbbe in ucraino. La mia mente subito corse a quel pezzo di figliola, ritratta su in foto, che apparve inizialmente su Met-Art, e successivamente fu resa strafamosa dalle pagine di Hegre-Art (allora Hegre-Archives: questo link è meglio che non ve lo metto), giustamente convolata col fottografo Petter Hegre, che peer primo l'aveva lanciata. Cominciai, pertanto, ad attendere ansiosamente.

La persona che si presentò non era lei, purtroppo. Capirete come ci rimasi male.
***
Quando mamma stava in ospedale le giornate si chiudevano sempre con la fantastica cena insieme a papà (preparata da lui). Devo dire che a mio papà non inizia neanche la digestione se mentre mangia non vede Walker Texas Ranger, e credo che Chuck Norris dovrà invitarlo a casa tutte le sere, quando Rete4 non lo manderà più in onda. Come sapete, le puntate hanno una trama piuttosto costante: Walker attraversa delle difficoltà nella soluzione di casi (omicidi, traffici internazionali di barre di uranio, invasioni di alieni) che normalmente esulano dalle competenze di un Texas Ranger (mi sono informato, ed è di poco più importante di un vigile urbano), ma che lui supera grazie all'affetto degli amici, al pensiero olistico di ispirazione nativa americana, e a una notevole dose di botte nel migliore stile di karate. I cattivi sono sempre brutti, o palesemente viscidi, o neri, o latinoamericani. In genere, lungo la puntata, ma specialmente alla fine, sono elargiti pistolotti e insegnamenti moraleggianti che ruotano per lo più attorno al concetto di Dio, Patria, Famiglia, e contro l'uso di droghe, sesso prima del matrimonio, pornografia in rete (tutte cose alle quali siete favorevoli se mi state leggendo). Di recente, trovai estremamente interessante guardare in tv l'attore Chuck Norris festeggiare per la vittoria di un candidato repubblicano (quindi un fascistone) durante le fasi iniziale delle primarie in America. Anche lì la politica si sposa con lo spettacolo, pensavo.
In genere non presto attenzione a questa cagata, ma una sera saltai sulla sedia quando, durante la puntata, i cattivi di turno (un nero e un bianco palesemente viscido) parlarono di un traffico di gas Sarin con l'Irak. Gli sceneggiatori, prima del 2001, anno in cui la produzione della gigatesca cagata cessò, per grazia di Dio, trovavano perfettamente normale attribuire intenti terroristici a un governo straniero, nella fattispecie quello iracheno, riconosciuto in sede ONU, e farci sopra una puntata di un telefilm.
Capii, allora, perchè la maggioranza degli statunitensi, prima che gli USA invadessero l'Irak, avrebbero messo la mano sul fuoco sull'alleanza tra Saddam Hussein e il terrorismo internazionale di matrice islamica. Capii che se crei il clima giusto, con sufficiente anticipo, dopo puoi fare tutto. Capii anche che l'onda lunga che aveva sorretto i repubblicani negli anni prima di Obama era stata il frutto di un costante martellamento culturale, che si era svolto nei luoghi di culto evangelici, nello spettacolo, nell'informazione, e che con le sue parole d'ordine e le sue bugie aveva reso ovvio ciò che ovvio non era. Bastardi.
Ancora una volta ebbi conferma del potere della parola.

11 marzo 2012

10 marzo 2012

Die Femminielli von Neapel

Essere alla frutta 2.0

Capisci che sei alla frutta quando nervoso metti la mano in tasca, afferri l'accendino, lo porti al viso per accenderti il sigaro, non fa la scintilla e finalmente ti accorgi che è una penna USB.

Saggio storico sulla Rivoluzione di Napoli

Dunque, il problema principale della rivoluzione napoletana del '99 fu l'astrattezza delle intenzioni e dell'esecuzione, l'assenza di un'autentica comunicazione con la popolazione, la mancanza di cooptazione di utili segmenti delle classi dirigenti che avevano servito sotto i borboni. Dopo sei mesi le armate della santa fede si ripresero tutto, e condussero alla forca una parte non trascurabile dell'illuminismo italiano, in poche intense settimane di terrore. E questo lo racconta molto bene Antonio Ghirelli (Storia di Napoli, Einaudi). La Capria fa risalire proprio a quell'epoca (L'armonia perduta, Mondadori) la frattura tra ceti popolari e borghesia produttiva, e che potè essere ricomposta solo cinquant'anni dopo, sotto forma di addormentamento della ragione, e nascita della napoletanità.
Vincenzo Cuoco fu testimone e protagonista di quegli eventi, che raccontò qualche anno dopo, durante l'esilio milanese. Se la storia deve essere maestra di vita, direi che gli scritti di Cuoco (e in particolare il Saggio storico sulla rivoluzione di Napoli) sembrano fatti apposta per dare consigli alla sinistra di oggi.
 
***
 
"Le idee della riovoluzione di Napoli avrebbero potuto esser popolari, ove si avesse voluto trarle dal fondo istesso della nazione. Tratte da una costituzione straniera, erano lontanissime dalla nostra; fondate sopra massime troppo astratte, erano lontanissime da'sensi e, quel ch'è più, si aggiungevano ad esse, come leggi, tutti gli usi, tutti i capricci e talora tutti i difetti di un altro popolo lontanissimi dai nostri difetti, da' nostri capricci,dagli usi nostri, Le contrarietà e i dispareri si moltiplicavano in ragione del numero delle cose superflue, che non doveano entrar nel piano dell'operazione, e che intanto vi entrarono."
"La nazione napolitana si potea considerare come divisa in due popoli, diversi per due secoli di tempo e per due gradi di clima. Siccome la parte colta si era formata sopra modelli stranieri, così la sua cultura era diversa da quella di cui abbisogna la nazione intera, e che potea sperarsi solamente dallo svilupppo delle nostre facoltà. Alcuni erano diventati francesi, altri inglesi; e coloro che erano rimasti napolitani, che componevano il massimo numero, erano ancora incolti. Così la cultura di pochi non avea giovato alla nazione intera; e questa, a vicenda, quasi disprezzava una cultura che non l'era utile e non intendeva."
"[...] si volle guadagnar gli animi di molti, presentando loro quelle idee che erano idee di pochi. Che sperare da quel linguaggio che si teneva in tutt'i proclami diretti al nostro popolo? - Finalmente siete liberi- ... Il popolo non sapeva ancora cosa fosse la libertà: essa è un sentimento e non un'idea; si fa provare coi fatti, non si dimostra colle parole. - Il vostro Claudio è fuggito, Messalina trema - ... Era obbligato il popolo a sapere la storia romana per conoscere la sua felicità?"

09 marzo 2012

Fleet Foxes - Mykonos (OFFICIAL VIDEO)

INFO ORARI DI RICEVIMENTO

stellina dolce <XXXXXXX@hotmail.it> scrive:

"Gentile Prof. XXX,
potrei sapere cortesemente i giorni e orari in cui Lei riceve la prossima settimana?
Anticipatamente ringrazio,
distinti saluti"

ricevo i pianeti divertenti il martedi, dalle 9:00 alle 11:00, le lune storte il giovedi in orari da concordare, e le stelline dolci il venerdi dalle 9:00 alle 11:00.
saluti galattici

Lo spread tra italiani e politica.

Gli stessi quattro stronzi che ieri in Parlamento erano pronti a considerare l'ipotesi che Ruby fosse la nipote di Mubarak, adesso si inalberano se il ministro Riccardi dice, lontano dai microfoni, che "Loro vogliono solo strumentalizzare, ed è la cosa che mi fa più schifo della politica, ma quei tempi sono finiti". E lo vogliono sfiduciare, per avere detto ciò che pensa il 99,99% degli italiani.

Aumenta lo spread tra la gente e la politica politicata.

06 marzo 2012

Il libro che ho appena finito di leggere


Qualcosa le vibra in corpo - un pezzetto di stagnola tremula attaccata a un filo. L'anima.

Giuseppe Patroni Griffi, Scende giù per Toledo, Dalai 2011.

05 marzo 2012

L'animale da compagnia

Cammino rapido a piedi, fuori della Stazione Centrale. Con lo sguardo incrocio una signora bassa e tracagnotta, che lotta con una cagnolina tenuta al guinzaglio. "Amore! Amore!" le dice, mentre quella subisce gli assalti di un bastardino di strada, simpatico ed arrapato. "Amore! Amore!", e tirando il guinzaglio cerca di riportarla a sé. Poi mi guarda disperata: "Comm'aggia fa, nun m'arricordo 'o nomme!"
Del suo cane.

25 gennaio 2012

Il libro che ho riletto

"E allora, che mai sarà il nostro Eros? Terreno?"
"Impossibile!"
"E allora, cosa?"
"Ripeto cose note: medio tra chi ha dentro morte, e chi non sa la morte."
"Cioè, che essere?"
"Semidio! Possente! Socrate, Socrate: ogni entità semidiviina è media fra chi ha in sé la morte e chi non ha morte."
"Quale è la forza che possiede?"
"D'intermediario e d'intercessore dal mondo umano alle divinità, e dal divino mondo all'uomo: di suppliche e di riti da una parte, di contraccambi ai riti giù dall'altra. Colma lo spazio mediano fra gli estremi, così nel complesso sta unitario e saldo l'universo. L'arte oracolare passa tutta per l'essere semidivino: così la sapienza sacerdotale relativa ai fuochi sacri, ai cerimoniali iniziatori, incantesimi, preveggenze, armamentario del mistero. Dio all'uomo non si mischia: l'intera trama dei rapporti, il colloquio fra divinità e uomo, nella vita sveglia o dei sogni, si svolge tramite il semidivino. Chi è maestro in questa sfera è un uomo semidivino: chi ha capacità in altri rami, lavoro della terra, fatica d'officina o altro, è semplice operaio. Questi esseri semidivini sono numerosi e diversificati. E fra loro, eccolo, lui, Eros."
"Padre" dissi io allora "madre: chi sono?"
"Faccenda complicata" disse lei "da dipanare: ma per te voglio farlo. Un bel giorno nacque Afrodite, e c'era una gran tavolata di dèi. C'erano tutti. C'era anche Espediente, figlio di Mente. Alla fine del pranzo arrivò Fame: c'era abbondanza e lei voleva chiedere qualcosa. S'aggirava sull'entrata. Ecco dunque Espediente, ebbro di nettare - il vino non era ancora stato inventato - che entra nel giardino di Zeus e cade subito in un sonno di piombo. Fame, che aveva in testa, come rimedio della sua miseria, d'avere un figlio da Espediente, gli si sdraia accanto e restò incinta d'Eros. Per questo Eros divenne sacerdote d'Afrodite e suo accolito: concepito com'era stato nel giorno natale della dea, e pieno per questa sua natura di trasporto erotico verso le cose belle, dal momento che Afrodite è eternamente bella. Proprio perchè figlio di Espediente e di Fame, Eros s'è trovato conformato nel seguente modo. Primo: è perennemente affamato, altro che stupendo e vellutato, come la maggioranza pensa. Ruvido, ispido, scalzo, sfrattato, buttato sui sassi, sempre, senza un letto, dorme ai quattro venti sulle soglie, per le strade, poiché ha in sé la fibra della madre. Coinquilino eterno di miseria. Per parte di padre è predone, ai danni di belli e valorosi, cacciatore fantastico, sempre ad annodare trappole, pieno di virilità, teso come un arco, onnipresente, fuoco e fiamme per sapere tutto, colmo di bravura, attaccato alla sapienza ogni momento della vita, stregone pauroso, fascinatore, un cervello insomma. Poi la sua fibra non è né senza morte, né con la morte in sé, ma capita che talvolta nello stesso giorno sia florido e vitale, quando gli va tutto bene, poi defunge, ed eccolo risorgere vivo grazie alla fibra paterna, ma ha le mani bucate con quantola bravura gli procura. Così non si può mai dire che Eros non sia bravo a procurarsi, o che sia, al contrario, ricco. E' al centro, fra mente aperta e oscurità [...]"

Platone, Simposio, Mondadori.

19 gennaio 2012

Una sognatrice

Spesso, uscendo dalla metropolitana, passo davanti a al mio spacciatore di fiducia. Don Ciro vende libri usati, remainders, oppure quelle edizioni di classici che escono in abbinamento ai quotidiani e che, se invendute, per vie misteriosissime vanno a finire nei mercatini o sulle bancarelle. Lui, per altro, non ha una postazione fissa: semplicemente, ogni mattina apre su un marciapiede un paio di tavolini con la scacchiera della dama stampata su, di quelli che si portano in spiaggia per poggiarci sopra le carte napoletane o la frittata di maccheroni, e li carica di libri. In questa bottega improvvisata all'aria aperta ci trovi sempre le stesse cose per settimane, finchè non compaiono nuovi arrivi: è la bibliotechina di qualcuno che se ne è dovuto liberare, magari per uno sfratto, un amore finito, o chissà. Oggi c'era qualche novità (si fa per dire!).
"Don Ciro, vedo che vi hanno portato cose nuove."
"Sì, me li ha portati una donna troppo bella," mi dice con un sospiro. Un amico, che gli ciondola vicino, sospira anche lui guardando i libri: antologie di poesie d'amore, miti greci, latini e nordici, Montale, Neruda, le Memorie di Casanova, il cofanetto del Ciclo di romanzi di Chretien de Troyes nell'edizione Oscar Mondadori.
"Bella, ed anche sognatrice," gli dico di rimando. Pago, e vado via sorridendo.

12 gennaio 2012

Le scuse degli studenti

I colleghi più anziani mi istruiscono a botta di raccontini ed episodi divertenti, soprattutto a tavola. Qualche giorno fa è stato il turno delle più belle scuse inventate dagli studenti: ne ho raccolte un paio che altro che "ero andato fuori a mangiare un panino".

Terza classificata
Contesto: studente anziano, sempre stato sul groppone dei genitori, terrorizzato dal fatto di laurearsi perchè dovrà lavorare.
Scusa: - Sa, professore, dovrò affrontare una operazione all'occhio, e credo che per un tempo indefinito non potrò continuare il mio lavoro di tesi...

Seconda classificata
Contesto: altro studente anziano, fuorisede, ricca famiglia calabrese.
Scusa: - Professore, sono venuto a parlarLe di una cosa un pò delicata. Vede, io nelle prossime settimane non so se potrò seguire il mio lavoro di tesi. In effetti il fatto è che mia sorella è stata rapita dalla 'ndrangheta. Glielo dico per giustificarmi: non ha letto la notizia sui giornali perchè abbiamo preferito non avvertire la Polizia...

Prima classificata
Contesto: studente chiaramente disturbato, accompagnato da sorella chiaramente disturbata.
Scusa: - Professore, sono venuto a manifestarle la mia situazione e a spiegarLe perchè nelle prossime settimane non potrò seguire il Suo corso. Il fatto è che, come può testimoniarLe mia sorella qui presente, e come da pronta denuncia fatta alla Polizia, che Le mostro... i nostri genitori sono scappati di casa. Non riusciamo a capire come possa essere successo. In ogni caso abbiamo venduto qualche cosa, per tirare avanti nelle prossime settimane, e ce la stiamo vedendo da soli. E'vero che so caricare la lavatrice, cara?