13 gennaio 2013

L'odore dei libri

In comune con mio fratello e con mio cugino più grande ho l'abitudine, se non proprio la mania, di annusare i libri. Se entro in una libreria, e una copertina mi attira, sollevo al naso il libro scelto, faccio scorrere le pagine e poi aspiro, perchè prima di acquistare un libro devo sentirlo anche con l'olfatto, dopo averne apprezzato l'aspetto ed il contenuto. Quando cammino per casa e trovo un libro fuori posto non mi lamento del disordine: lo sfoglio, e nel girare le pagine lo annuso, per poi posarlo di nuovo. E a letto, con il desiderio di leggere, allungo la mano sul comodino di fianco a me, afferro uno dei libri lasciati a metà che ci sono sopra, lo apro, ci ficco il viso in mezzo e inspiro profondamente prima di iniziare. E' una cosa, questa, che faccio in maniera del tutto automatica, senza starci a pensare, e dopo che l'ho fatta, non prima, perchè ancora non so che sto per annusare, mi accorgo che mi piace terribilmente. In maniera compulsiva posso tornare a farla più volte di seguito, nel tentativo di rinnovare il gusto che mi ha colpito e che, mi accorgo a volte, comincia a disperdersi evaporando con lo scorrere delle pagine, diventando via via più debole.

(ecco, l'ho appena rifatto: ho annusato, sovrappensiero, il manuale di visual basic che ho accanto, sulla scrivania).
 
Credo che io potrei riconoscere i libri a occhi chiusi, dal loro odore. Cioè, non proprio i libri, quanto piuttosto la collana, l'editore, l'epoca di stampa, questo sì. Bendatemi, magari. E poi, come Michele, quello del Glen Grant, mettetemi sotto il naso un Oscar Mondadori stampato a metà degli anni sessanta. Quelli la cui copertina è di cartone un pò rigido. E il cui odore ha una nota iniziale acuta, di polvere secca, che arriva per prima dritta tra gli occhi, e che poi si trasforma in qualcosa di cupo e profondo, che matura nel fondo del vostro naso, quasi all'altezza della gola. La copertina degli Oscar, a partire degli anni settanta, è diventata flessibile e cedevole, e il profumo è maturato, diventando meno acuto all'inizio, ma nel contempo perdendo di profondità e ricchezza di bouquet. I Tornesi di Avagliano hanno una nota basica, quasi un sentore di ammoniaca, che non sentite con la punta ma piuttosto con il fondo del naso. Nella BUR, almeno in quelli stampati prima del duemila, vi è una nota come legnosa, a volte sandalo o qualche altra preziosa essenza, e la porosità della carta usata, che ingiallisce facilmente, sembra fatta apposta per trattenere bene la polvere. Gli Struzzi Einaudi hanno un sentore debole ma persistente, non cupo, forte quando sono nuovi, e la carta si mantiene spesso bianca a lungo. I Tascabili Bompiani, con i loro inconfondibili font, sono sorprendentemente simili nel profumo alla Biblioteca Universale Feltrinelli, pur avendo una carta più spessa. I vecchi Urania Mondadori, invece, hanno una nota fresca, inalterata nel tempo, lievemente metallica ma deliziosa. Electa Napoli ha una nota alta, di testa, che sentite bene alla radice del naso, di carta lucida, lussuosa, poco acida e destinata a conservarsi a lungo.

(l'ho rifatto ancora: questo manuale McGraw-Hill ha sentori fruttati fantastici)

Sì, decisamente posso riconoscere i libri a occhi chiusi, dal loro odore. E sono come la mia madaleinette, a volte. Aspiro, e si presenta alla mente un ricordo, torna un'immagine. Me bambino, in spiaggia, salgo le scale che dallo stabilimento balneare portano sulla strada, e ho un Topolino sotto il braccio. O ragazzino, che compro Gli dei e gli eroi della Grecia di Kerényi, scegliendolo dalla vetrina di un giornalaio, in un altro posto di vacanza. Oppure apro la busta di plastica nella quale, per non farmi beccare dai miei, che dicono che butto via i soldi, ho nascosto un commento al De anima di Aristotele, stampato a Tolosa nel 1614, e vengo colpito dall'afrore di quasi quattrocento anni di mani che lo hanno manipolato, e della pelle malamente conciata della copertina. Me in biblioteca, all'università, che leggo Dov'eri Adamo di Boll, mentre aspetto un professore per fare l'esame. Bastogne di Brizzi, arrotolato e infilato nella tasca posteriore dei jeans mentre servo ai tavoli della pizzeria durante la Festa dell'Unità. Giornale di adolescenza, di Enzo Striano, sul comodino di mia madre, quando ancora stava bene. E Il Signore dell'Universo, di R.F. Jones, un brutto libro di fanstascienza letto da mio padre tutto in una notte, seduto al tavolo in cucina, tenendolo dritto con entrambe le mani davanti a sè. Riconoscere la mia madaleinette, ad occhi chiusi.

1 commento:

  1. Sig. Napoleide, i suoi post diventano sempre più reazionari, sia per la Kindle generation che per quelli che s'infarinano il weekend. Passi all'ebook....

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