15 maggio 2012

...e il libro che sto rileggendo

Le tre sensazioni: fame, desiderio, odio, sono nei bruti soddisfazioni abituali e possiamo dispensarci dal chiamarle piaceri, perché non possono essere che per rapporto all'individuo. L'uomo solo è provvisto di organi perfetti che gli rendono particolare il vero piacere; perché, dotato della sublime facoltà di ragionare, egli lo prevede, lo cerca, lo compone, lo perfeziona e lo estende con la riflessione e il ricordo. Caro lettore, ti prego di non stancarti a seguirmi, perché oggi non sono altro che l'ombra e la reminiscenza del brioso Casanova, mi piace chiacchierare; se tu perdessi la pazienza non saresti cortese o per lo meno condiscendente.
L'uomo si trova precisamente nelle condizioni dei bruti quando si abbandona alle sue tre tendenze senza chiamare in aiuto la ragione e il giudizio; ma quando lo spirito interviene a equilibrare tali tendenze, quelle sensazioni diventano un piacere e un piacere perfetto: sentimento inspiegabile che fa assaporare ciò che si chiama felicità e che noi sentiamo senza poterla descrivere.
L'uomo voluttuoso che ragiona, sdegna la ghiottoneria, respinge con disprezzo la lascivia e la lussuria e quella brutale vendetta che procede da un primo scatto di collera; ma è raffinato e non soddisfa il suo appetito in modo analogo alla natura e ai suoi gusti. Ama, ma non prende diletto della persona amata se non quando ha la certezza di fara partecipe della sua gioia: cosa che può solo avvenire quando vi sia reciprocità d'amore; se riceve un'offesa non trae vendetta che dopo aver combinato a sangue freddo i mezzi più atti a fargliene gustare il piacere. Se qualche volta è crudele, se ne consola, perché agisce col ragionamento: e nella sua vendetta è talvolta così nobile che si vendica perdonando. Queste tre manifestazioni sono opera dell'anima, la quale, per procurarsi il piacere, diventa ministra delle passioni. Qualche volta soffriamo la fame per meglio assaporare le sostanze destinate a soddisfarla; ritardiamo il godimento amoroso per renderlo più vivo, e ritardiamo il momento di una vendetta per renderla più sicura. Ma è pur vero che si muore di un'indigestione, che ci lasciamo spesso ingannare in amore dai sofismi e che l'essere odiato sfugge talvolta alla nostra vendetta; nulla vi è di perfetto in questo mondo, e noi corriamo volentieri questi rischi.

Giacomo Casanova, Storia della mia vita, Cap. XXXIX

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