Abbiamo tutti davanti agli occhi le immagini che in queste ore provengono dal Giappone: morte, acqua, fango, fuoco, pericolo radioattivo e, più stupefacente di ogni cosa, file di persone che, seguendo le regole imparate durante le esercitazioni e ripassate sui manuali per le emergenze, si fanno quiete largo tra le distruzioni , col loro obbligatorio casco antinfortunistico, raggiungendo le piazzole di ricovero, e automobilisti in coda educati, calma surreale, contegno dignitoso, e poi nessuna di quelle scene di iperspettacolare espressione delle proprie emozioni che caratterizza avvenimenti simili in posti come l'Italia. Un comunitario rispetto delle regole che ai nostri occhi, specie in situazioni di emergenza, assume aspetti irreali.
Questo comportamento, ligio alle regole, è stato descritto parlando di cultura della vergogna e dell'onore: l'appartenenza alla comunità si esprime cercando di soddisfare le attese degli altri, il mancato rispetto delle regole è sanzionato dalla vergogna prima ancora che da una pena, e l'onore coincide non certo con la mancanza di corna sulla testa, ma come effettiva traduzione in azioni quotidiane di ciò che la comunità si aspetta. Ed è proprio quellla stessa cultura, sanguinosa e bellissima, degli eroi omerici, per i quali più che la stima di sè e delle azioni eroiche compiute, è il riconoscimento di tali azioni da parte della comunità dei propri pari a costituire l'onore.
Niente vergogna, ma solo svergognati, in quest'epoca e nel paese che oggi abitiamo. Nessuna sanzione comunitaria, per persone che hanno le facce esattamente come il culo. Che rubano ciò che è di tutti, che imbrogliano, che applicano le regole agli altri ma non a sé, che mettono le loro puttane in politica, e trasformano i politici in puttane, che parlano di efficienza e premiano il furbo. Quello di cui abbiamo urgente bisogno è un lavacro di vergogna, uno tsunami che travolga un'intera classe dirigente, e che la schiacci sotto il peso di tutte quelle cose che ci avevano promesso di fare, e che invece non hanno fatto.
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