12 ottobre 2012

"Ci vorrebbe una guerra"

"Ci vorrebbe una guerra, perchè così capireste cosa significa..."

Seguiva poi, come in quelle poesie combinatorie di Quineau (Cent mille milliards de poèmes), una a scelta tra più possibilità di asserito contenuto etico-educativo. Le occorrenze, tra le quali potere estrarre come un coniglio dal cilindro il preteso insegnamento, apparivano in ordine di preferenza come: la fame, il rispetto per i genitori, risparmiare, l'educazione, il lavoro, ma anche la stessa guerra (in modo da chiudere una elegante tautologia). Ad esempio: "Ci vorrebbe una guerra, perchè così capireste cosa significa la fame". Magari detta con scopo didascalico a un bambino che non voleva mangiare, e usata come arma finale se il pietoso "pensa ai bambini che vorrebbero, ma non hanno da mangiare" non aveva funzionato: insomma, l'augurio dello sterminio dell'umanità come conseguenza per non avere voluto finire un piatto di pasta.
Questa frase, ci vorrebbe una guerra perchè così capireste cosa significa questo o quello, l'avrò sentita miliardi di volte, quando ero ragazzino, ripetuta da anziani parenti, vecchi rincitrulliti alla fermata dell'autobus, fascisti in ciabatte di pelo e con la papalina in testa, o biliosi e cadenti pazienti in prostranti sale d'attesa. Detta e ridetta da una generazione che, nel momento di tirare le cuoia, augurava ai nipoti (di certo non ai figli, ché quelli non si toccano!) di soffrire a scopo educativo.

Poi, crescendo, a un certo punto avevo smesso di sentirla: credevo di essermela cavata. Dietro la pretesa tirata moralista in forma di invettiva jettatoria ho sempre pensato covasse una non nascondibile, perchè cospicua, quantità di invidia di certe nostre libertà. Ma delle segrete motivazioni profonde di questi menagrami in pre-decomposizione non mi è mai interessato, né può interessarmi ora. Mi preme, piuttosto, osservare che infine la "jastemma ci ha cojuto", come diremmo dalle nostre parti, ossia che l'occhio secco lanciato dai nostri antenati è dopo lunghi giri andato a segno. Ed ora questa generazione, la mia, così verbalmente tartassata, viene finalmente spazzata via da una specie di tsunami lungamente invocato dai nonni.

Ci pensavo giusto l'altro giorno, mentre facevo un pò l'appello mentale dei miei amici, delle mie amiche, e di qualche giovane familiare. Ne è venuto fuori, insieme a tanta infelicità e insicurezza, un quadro fatto di contratti atipici, di stipendi in picchiata, di partite IVA con un unico cliente (in realtà il datore di lavoro), di pure e semplici disoccupazioni, di separazioni, di figli non fatti perchè troppo onerosi da mantenere, di stanze in affitto in case condivise con studenti ben più giovani, di ritorni a casa dei genitori perchè non si riesce più a pagare l'affitto nella casa condivisa con gli studenti, in risparmi sulla salute, e poi brevi puntate al nord o all'estero per lavori stagionali, lauree sottoutilizzate, e paghette ricevute ancora a trentacinque anni per arrotondare. Insomma, la guerra che tanto caldamente ci era stata augurata si è materializzata, infine. Ma sotto forma di un lento strangolamento che si è mangiato, e si mangerà, un decennio della vita delle persone che oggi hanno tra i trenta e i quarant'anni


A questo pensavo, l'altro giorno, e mi chiedevo come mai nessuno, nei media, avesse il coraggio di dire le cose come stanno, e cioè che c'è una generazione che sta pagando per tutti, per quelli che verranno e per quelli che sono già venuti. Una generazione che deve ogni giorno guadagnarsi il diritto di rimanere in vita acquistando anche l'aria che respira. Una generazione di guerra, che cederà il posto alla prossima senza avere mai visto da vicino le stanze dei bottoni, le leve del comando, le case di proprietà o le barche a mare, o più banalmente senza avere avuto la possibilità di vivere senza per forza dovere dimostrare di meritarsela, l'esistenza in vita.

La guerra che ci era stata augurata alla fine è scoppiata, e ha anche ottenuto il richiesto tributo di vittime, e di mutilati. A questo pensavo, e mi chiedevo a che punto fosse la notte, se fossimo lontani da un'alba, e se questo processo possa essere almeno rallentano, se non è possibile fermarlo.

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