Ancora oggi capita che Hortense, la centralinista di "Art Press", mi annunci un nome che non mi suggerisce nulla. - Insiste, dice di conoscerla bene.- Prendo la telefonata. Dalle parole prudenti, pronunciate con complicità, capisco immediatamente che lo sconosciuto, lui, si rivolge all'immagine di una certa viziosetta, di quelle, no?, che ti lasciano dei gran bei ricordi. (Così, quando a un vernissage o a una cena mi presentano un uomo che ho l'impressione di incontrare per la prima volta, ma che scava nel mio sguardo qualche secondo più del necessario dicendo -sono sicuro che ci siamo già incontrati-, tendo a pensare che abbia avuto, in un'altra vita, per quel che mi riguarda, tutto il tempo di osservarmi il volto mentre il mio sguardo era forse fisso sul suo pube.) Non ho più la curiosità di andare fino in fondo, ma resto una profonda ammiratrice del tempo sospeso in cui vivono gli scopatori, ai quali va tutta la mia simpatia. Potrebbero essere passati dieci anni, forse venti o ancora di più, da quando hanno goduto con una donna, e ve ne parlano riferendosi a lei come se fosse ieri. Il loro piacere è un fiore sempre vivo che non conosce stagioni. Sboccia in una serra isolata dalle contingenze e fa sì che vedano sempre nello stesso modo il corpo che hanno tenuto stretto, anche se questo fosse avvizzito o irrigidito in un saio.
Catherine Millet, La vita sessuale di Catherine M., Mondandori
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