07 novembre 2011

"Voglio guardare in faccia chi mi tradisce"

"Voglio guardare in faccia chi mi tradisce". E' quello che avrebbe detto B. per sfidare la Camera a sfiduciarlo. Mi ha fatto molto pensare: ho rigirato questa frase tra le mie mani, ed essa mi ha mostrato i suoi diversi colori, come un cubo di Rubik che viene mescolato. Me ne sarei già dimenticato, se non fosse la frase che metteva sulla sua bacheca di facebook un mio amico, deputato della Camera nello stesso partito di B.: un ragazzo che ha la mia stessa età, e dunque in fondo ha diritto (ancora) a sbagliare. Ma mi ha fatto tristezza che una persone giovane e intelligente come lui stesse interpretando l'autunno del patriarca (mai letto?) come un capitolo di una saga che racconta la titanica lotta di un uomo solo contro le ostili forze del male.

Forse è per questo che il mio amico ripeteva: "Voglio guardare in faccia chi mi tradisce". Come se questa fosse una chiamata all'ordalia, con il suo grumo di sentimenti di orgoglio paura o desiderio di sangue, con il suo richiamo alla lealtà, o al cupio dissolvi. Come se questo grido di guerra, invitando a scendere sul concreto campo di battaglia della conta parlamentare, potesse opporre delle ragioni a quelle della dell'economia, della storia o del semplice buon senso. "Voglio guardare in faccia chi mi tradisce". Come se l'intervento del solo sguardo, simile al tocco dei re taumaturghi, potesse evitare ciò che non può essere evitato, o fermare la malattia che non può essere curata. Che non è la sfiducia al suo governo, ma una malattia economica, con ragioni storiche e sociali, che non può essere interrotta dal magico intervento di un singolo. Come se la politica prescindesse dalla forza dei fatti, e dallo scricchiolare che le ruote della storia fanno macinando i popoli. O forse no. Forse il mio amico scriveva: "Voglio guardare in faccia chi mi tradisce". Come se il tradimento, i rapporti e la lotta tra personalità, le psicologie, le cordate, le cabale, gli inciuci, fossero tutte categorie della politica. O anche: "Voglio guardare in faccia chi mi tradisce". Come se fosse uno slogan politico. Da mettere sotto il simbolo stampato sulla scheda elettorale. O, più elementarmente, un richiamo di largo respiro: tipo il sol dell'avvenire, bella ciao, o la necessità di avere la quarta sponda sul Mediterraneo.

Oppure no. In fondo, fino a questo punto, avevo prodotto solo interpretazioni benevole. Non ero completamente soddisfatto ma mi sembrava di non essermi allontanato dal puro centro della questione, dove a volte si addensano parole che non sempre si riescono a trovare. Ma poi un pensiero mi ha atterrito e stancato, un pensiero solo. "Voglio guardare in faccia chi mi tradisce". "Voglio guardare in faccia chi mi tradisce". "Voglio guardare in faccia chi mi tradisce"... Come se fosse la frase sindonica, che accoglie, coagula ed espone il sacrificio del Giusto, dopo il Tradimento dei Giuda. Come se fosse "Allahu akbar" sulla bocca di folle sciite, dopo il martirio di Ali. I colpi di kalashnikov sparati contro il cielo. Il grido di folle deliranti.

Questo, solo questo pensiero, mi ha lasciato a confrontarmi da solo con una profonda sfiducia. E mi è passata la voglia di aspettare le buone notizie dei prossimi giorni.

1 commento:

  1. non vedo quali buone notizie uno possa aspettare. io lo dico con molta chiarezza, a parte i teatrini che ci viviamo quotidianamente volenti o nolenti (per esempio capita di non avere la televisione, ma di leggere un post di notte e trovarci sopra notizie grottesche che non sono manco notizie), cosa succede adesso che tolgono di mezzo sto pupazzo di gomma? perche' io non voglio essere intercettato o spiato, odio i giustizialismi e mi fanno schifo certe ipocrisie e certi fascismi (rossi neri e viola). e se tutta questa chiachciera, se tutti questi anni di schianto, sono preparazione di svolte ancora piu' autoritarie, come sono, allora diobono, altro che buone notizie nei prossimi giorni.

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